Quel fascino indiscreto dell’uomo calvo che piace tanto

Scienza e Salute

Milano 5 Aprile – A qualcuna piace calvo. Cosa sarebbe Luca Zingaretti se avesse i capelli? Un uomo qualsiasi o un attore come tanti. Invece la calvizie (o alopecia androgenetica) lo rende attraente e sexy. Stesso dicasi per divi del calibro di Yul Brinner o del tenente Kojak: pelati e contenti di avere quella che Claudio Bisio definisce «la riga larga». Piace. Forse perché la testa «a zer» riflette la voglia di vederci chiaro. E piace, perché assistiamo a un graduale ritorno all’essenzialità del vivere: la forma essenziale e liscia di un pallone da calcio, le vacanze essenziali (intelligenti) o la ricerca dell’essenzialità dell’esistenza.

MALATTIA – In giro c’è chi ne ha fatto un complesso. Una malattia. E allora prova con il trapianto o il tatuaggio del cuoio capelluto: è l’ultima tendenza che regala l’illusione ottica di sembrare appena rasati. Di certo è colpa dell’eredità se la zucca è lucida. «L’ereditarietà da parte materna è forse più importante di quella da parte paterna – risponde Antonino Di Pietro, dermatologo – Il gene responsabile della suscettibilità alle forme gravi della malattia è localizzato sul cromosoma X, che il maschio eredita dalla madre. In media la vita di un capello è di 5 anni, ma in condizioni ottimali è programmato per rinascere almeno 20 volte», spiega il professor Di Pietro.

QUESTIONE DI PELI – «Il follicolo ha una fase di crescita (anagen, dura 3 anni), regressione (catagen, dura 2-3 settimane) e riposo (telone, dura 3-4 mesi). Anche perdendo 50 capelli al giorno, non c’è da preoccuparsi. Il discorso cambia quando il numero di disertori aumenta, se i capelli si assottigliano e si inizia a intravedere il cuoio capelluto. Ma non tutte le calvizie sono uguali: quella patologica è scatenata da uno squilibrio ormonale, quella stagionale dipende da stress, trattamenti aggressivi, fumo e diete povere di aminoacidi». Per capire l’origine del problema è bene rivolgersi al dermatologo, specialista delle malattie della pelle che procede attraverso alcuni esami come: dermoscopia, per guardare al microscopio il cuoio capelluto; sebometria, per misurare la quantità di sostanza oleosa prodotta dalle ghiandole sebacee, destinata alla lubrificazione dei capelli; tricogramma, per individuare le fasi della vita del capello; fotogricogramma per valutarne la crescita. Scoperta l’origine del problema, la strategia più efficace per arrestare il processo di diradamento, se non addirittura riuscire a invertire la rotta, passa poi per i farmaci (come il minoxidil o la finasteride), ma fanno la loro parte anche soia e alghe, shampoo alle vitamine e massaggi.

CONSIGLI – Aiutano anche le piccole attenzioni quotidiane tipo non frizionare i capelli con l’asciugamano ma tamponali ed evitare il phon troppo caldo (minimo a 15 cm dalla testa). Sfatando il mito che frequenti e drastici tagli «da marine» rafforzino la chioma, è meglio se comunque mettete via il pettine, evitando quel «riporto» da un lato all’altro della testa. Non fatelo. Davanti l’effetto può essere accettabile, ma dietro è terribile.

Roberta Maresci (Il Tempo)

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