Milano 8 Aprile – Un glicine, il profumo e il colore dell’emozione. Un glicine arrampicato su un muro di periferia era la speranza del tempo, il sorriso di un giorno che si apre al sole. Era la bellezza inconsapevole e tenera per chi vive in quel quartiere ad est di Milano, dove le case ripetono la monotonia di un grigio sporco di smog e di abbandono.
Quel glicine è morto, non si capisce il perché. E parlare di tristezza non è esagerato: in questo angolo di Milano un glicine era l’amico di sempre, là per segnalare la primavera, per dare gioia e colore, per dire “ un anno è passato, nel bene o nel male, ma continua a sperare”. Un glicine morto in periferia non è importante, non può avere la dignità della cronaca. Siamo seri..sempre un glicine è…e poi, in periferia…chi si pone il problema di raccontare gli sguardi di malinconia degli anziani…chi può capire la tenerezza di un glicine nello squallore generalizzato… Ma se un glicine muore a Porta Nuova, qualcuno, giustamente, ne parla. Perché l’amore per la vita, per l’emozione, per la memoria della bellezza sono propri della sensibilità umana. Scrive Urbanfile “ In Via Marco De Marchi 9, proprio dove si trova la Chiesa Cristiana Protestante di Milano, sul muro in mattoni e archi che racchiude il giardinetto retrostante si trova da decenni una pianta di glicine.
E’ sempre stato una meraviglia col suo contorto fusto che cercava di arrotolarsi tra le inferiate della cancellata e gli archi in mattoni, protetto dai passanti con un piccolo recinto. Oggi questo glicine è stato ridotto, forse ha sofferto e qualcuno ha cercato di salvarlo in qualche modo. Peccato, come sempre tutto ha una scadenza…” Si può piangere per un glicine che muore? Forse no, ma si può rimpiangere con tenerezza la sua bellezza.
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano