Ne uccidono più le tasse che lo smog (di imprese)

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Milano 16 Aprile – E’ primavera. Si risvegliano gli animali dal torpore. Gli ormoni dal sonno invernale. Ed Assolombarda, uscita da un letargo un po’ più lunghetto, si accorge improvvisamente che Milano è caduta. E che le città dell’hinterland sono sulla buona strada. La caduta riguarda, ovviamente, il baratro delle tasse. I dati generali ce li ha dati il nostro Direttore, la cui precisione ed acume io non posso sperare di battere ed a cui vi rimando: https://www.milanopost.info/2016/04/05/tassa-e-spendi-i-numeri-terribili-del-rendiconto-2015-di-pisapia/. I dati riguardanti le imprese non sono migliori. Li riassume Maria Sorbi su Il Giornale:

“Tra Imu, Tasi e Tari, uffici e capannoni industriali nel 2015 hanno pagato l’1% in più rispetto all’anno precedente. Ma se il dato viene paragonato al 2012, la percentuale di aumento ha superato il 9%. E Milano resta, incontrastata, in cima alla classifica dei comuni con le tasse più pesanti, seguita da Sesto san Giovanni, Rozzano e Bollate. La politica di Giuliano Pisapia per cercare di far cassa si è accanita sugli imprenditori e ha messo sotto torchio chi crea posti di lavoro e chi ha cercato in tutti i modi di sopravvivere alla crisi. Il quarto rapporto sulla fiscalità locale di Assolombarda descrive una situazione in cui gli uffici, negli ultimi quattro anni, si sono trovati a pagare una media di 650 euro all’anno in più di tasse. E i capannoni industriali oltre 3.500 euro.”

La soluzione proposta riguarda il ritorno ad Expo. Così, tanto per non sembrare troppo schierati e fare un assist all’erede di chi li ha dissanguati. Expo ha funzionato benissimo perché viveva in una sorta di extraterritorialità. E, si sa, se vivi in un Inferno fiscale, qualsiasi area esterna ai gironi ha vita migliore, più facile e più prospera di quella dei dannati. Questo non cambia il fatto che qualche domanda dovremmo farcela. Ad esempio, dove sono finiti, esattamente, questi soldi? Io temo lo scopriremo il 6 Giugno, all’apertura delle urne. Come diceva un detto Americano, dai un pesce ad un uomo e camperà un giorno, insegnagli a pescare e camperà una vita, dagli il pesce del suo vicino e voterà per te. In barba alla fatica che lui possa aver fatto a pescarlo ed al fatto che con quel pesce avrebbe potuto costruire un impero della pesca. Sfamando, così molte altre persone. Interi villaggi, magari. Ma questo al comunista tassatore non importa. Anzi, lo vede con sospetto. Come sempre vede con sospetto chiunque si affranchi dalla tirannia del bisogno. Che poi, altro non è se non la sua.

Ma se Atene piange, Sparta non ride. Subito dietro Milano c’è Sesto San Giovanni. Qui la situazione ce la racconta Roberto Di Stefano, Capogruppo di Forza Italia in Comune:

“Ancora una volta i sindaci di comuni che hanno applicato le maggiori tariffe sono di centro sinistra, con bilanci pesanti e che durante le crisi fanno emergere tutti i nodi. Quest’anno la regione ha puntato sull’attirare nuove imprese con fondi appositi (progetto impresa Lombardia), ma i comuni non hanno fatto nulla per abbassare le tasse. Quindi andati via i fondi, sono rimaste solo le imposte. Ad esempio a Sesto la General Electric ha lasciato a casa 249 dipendenti. Persino l’agenzia delle entrate è scappata. Poi c’è la galassia delle pmi, come al solito martiri silenti di ogni persecuzione fiscale. Per esempio a Cinisello Auchan è fallito. In definitiva questi Comuni con una tassazione eccessiva fanno concorrenza allo stato più ladro d’Europa. Poi, però, i Sindaci rossi scendono in piazza a protestare con i dipendenti. Perchè il danno non basta. Ci vuole anche la beffa.”.

Concludo facendo notare un punto geniale sollevato dal Capogruppo. Anche l’agenzia delle Entrate fugge da Sesto San Giovanni. Sono fortemente indeciso sul motivo occulto. Non vorranno pagare il salasso di avere una struttura là o avranno paura di reazioni scomposte? Ai posteri l’ardua sentenza.

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