Tutti i soldi elargiti dallo Stato ai nuovi partigiani

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Milano 26 Aprile – Interessante l’inchiesta di Francesca Pizzolenti su Il Tempo. Parla di numeri, ma anche di un immaginario collettivo che giustifica e sostiene le infinite associazioni che fanno riferimento alla Resistenza. Dopo 71 anni è plausibile porsi qualche domanda, in modo obiettivo, a prescindere dalla propria personale storia.

Centosettantanove sfumature di partigiano. E il Governo le finanzia tutte: dai reduci garibaldini agli antifascisti.

Ecco le associazioni che lo Stato foraggia e di cui si sente parlare solo il 25 Aprile. Anpi, Anvrg, Aicvas, Anvcg, Aned, Anppia, solo per citarne alcune. Con molta probabilità solo gli iscritti, vedendo queste sigle, sapranno riconoscere le associazioni di cui stiamo parlando: “Associazione Nazionale Partigiani Italiani”, “Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti”, “Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra”, “Associazione Nazionale Ex Deportati”, “Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti”.

C’è chi strabuzzerà gli occhi quando leggerà che il primo acronimo sta per “Associazione Nazionale Veterani e Reduci Garibaldini”. Ovviamente non si tratta di un’associazione di mummie del 1861, bensì dei reduci della divisione italiana in trincea dal ’43 al ’45 con i partigiani in Jugoslavia.

I suddetti acronimi appartengono all’immensa galassia delle associazioni combattentistiche che godono di stanziamenti pubblici annuali predisposti dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, dai ministeri della Difesa, dell’Interno e dell’Economia. La crisi non tocca le tante associazioni rosse che possono dormire sonni tranquilli. A mettere in cassaforte il tesoretto ci ha pensato lo Stato inserendole nella legge di stabilità del 2014: «Per il sostegno delle attività di promozione sociale e di tutela degli associati svolte dalle Associazioni combattentistiche – si legge nel testo – è autorizzata la spesa di euro 1.000.000 annui per ciascuno degli anni 2014, 2015 e 2016».

E stiamo parlando solo di quelle sottoposte alla vigilanza della Difesa. Al milione di euro stanziato da questo ministero, infatti, se ne aggiungono altri due disposti dal Viminale di concerto con il ministero dell’Economia. Totale: tre milioni di euro circa per sostenere associazioni combattentistiche e d’arma. Nella maggior parte dei casi non si tratta di cifre stellari.

Eppure, sommando tutti i contributi diretti alle varie associazioni, l’esborso da parte dello Stato non è trascurabile.

Il Viminale, nel dicembre 2014, ha previsto un contributo di 1,892 milioni di euro per tre sole associazioni: l’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra a cui andrà la fetta più grossa (quasi un milione e mezzo), seguita da altre due per le quali, almeno stando ai nomi, è difficile dire in cosa divergano: ANPPIA, Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti (227 mila euro), e l’ANED, Associazione Nazionale ex Deportati Politici nei Campi Nazisti (189 mila euro).

Il rischio è di avere decine e decine di associazioni tra le quali è assai difficile cogliere distinzioni tra ambiti e finalità. Tra i tanti finanziamenti a pioggia destinati alle associazioni spicca anche quello di 34 mila euro del 24 marzo 2016 stanziato dal Governo a favore dello spettacolo teatrale “Tante facce nella memoria”, di Francesca Comencini.

Si tratta di sei storie di donne partigiane e non che nel ’44 vissero l’eccidio delle Fosse Ardeatine, feroce rappresaglia per l’attentato di via Rasella: una sorta di oratorio sulla memoria in scena a Roma. La regista, madre del Viceministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda, fa l’en plein garantendosi anche un ulteriore finanziamento da 20 mila euro concesso dalla Regione Lazio. Insomma sui soldi i partigiani non fanno resistenza.

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