Una storia, un incubo: multe a ripetizione e se fai ricorso, ti spennano

Cronaca

Milano 4 Maggio  – Esiste a Milano il Ponte del Ghisallo. Un incubo kafkiano. Un cavalcavia che è il passaggio per una dimensione oscura; e che -come il ponte di Mostar per i bosniaci o il Ponte dei Frati Neri per Roberto Calvi- uccide le già rarefatte illusioni dei milanesi per un’ amministrazione migliore.

Io appartengo a quella massa di contribuenti che, da anni, è prigioniera del Ghisallo. Continuano ad arrivarmi contravvenzioni per aver transitato ad alta velocità sul Ghisallo «verso il centro», anche se non ho la minima idea di dove sia il Ghisallo. L’ ultima multa che mi è arrivata è la quindicesima in un anno e mezzo, l’ ultima pietruzza d’ un blocco di granito; oramai col postino che consegna le raccomandate ci diamo del tu, sale a prendere un caffè, ci scambiamo le foto dei figli. Sebbene sia intervenuta la Corte Costituzionale a dichiarare l’ illegittimità delle suddette contravvenzioni, il Comune continua a mitragliarle assieme agli «avvisi bonari», roba il più delle volte tarocca. Il mio avvocato, Stefano Manfredi, oramai sta consumando, a colpi di ricorsi (sempre accolti), la sua esistenza nella lotta alla cartella selvaggia su quel cacchio di ponte. Stefano è invecchiato precocemente, le rughe sotto gli occhi gli s’ allargano come strisce pedonali, sua moglie lo vede solo la notte, i figli crescono senza di lui. Ne ha fatta una questione di principio. Ora però, basta.

L’ altro giorno mi è arrivata una multa che mi imputava di aver passato il Ghisallo il 23 marzo scorso, alle ore 14.43. Peccato quel giorno io l’ abbia passato tutto al lavoro a Porta Venezia; e che a quell’ ora fossi nel pieno di una riunione di redazione; e che la mia auto fosse rinchiusa, sempre per tutto il giorno, al terzo piano di un parcheggio di un’ azienda privata -con tanto di telecamera- in zona Primaticcio. Da mie parti si potrebbe chiamare tentata truffa, o estorsione o abuso di potere, o tutte e tre insieme; starà al magistrato a cui denuncerò il vigile decidere sull’ etimo, estraendolo dal codice penale.

In termini tecnici mi sono davvero rotto le palle. Caro Antonio Barbato, fresco capo dei Vigili della città, faccia qualcosa. Glielo dico col cuore il mano: è davvero estenuante perdere tempo e pazienza perchè il Comune è vorace e vuol far cassa. Molti cittadini sono stati per mesi affogati dai cosiddetti «avvisi (tutt’ altro che) bonari»: la plastica dimostrazione dell’ incapacità, della foga e dell’ ansia del Comune di sostituirsi ad Equitalia nel recupero crediti. Parte di quegli avvisi e/o cartelle sono farlocche. Se ne inviano 8/10/12 tutte insieme e la gente, specie gli anziani, si terrorizza e tende a pagare per evitare «la rogna dei tribunali», anche se ha ragione. Per alcune di quelle multe sono scaduti i termini di notifica entro i 90 giorni; in altre sono ignorate date o dati anagrafici del verbalizzante; in altre ancora non vengono fornite le foto delle auto in contravvenzione o si accavallano nuove sanzioni sugli stessi procedimenti prima che siano spirati i termini o che il giudice si sia pronunciato sul ricorso. Spesso non figura in calce alla sanzione alcuna «chiara indicazione» (motivo di annullamento).- In molti altri casi vi planano nella posta contravvenzioni per auto che, nel periodo indicato o erano in officina, o in altre città, o in altre nazioni, o in altri garage. Come la mia auto, appunto. L’ ubiquità assunta come elemento probatorio. Amici dal Comune mi fanno notare: «guarda che tu sei nella nostra black list, sei un frequente violatore e un frequente ricorrente».

Ora, a parte il fatto che m’ inquieta molto galleggiare in una black list. E a parte il pleonastico presupposto che se uno viola la legge è giusto che paghi; be’, vista la malafede dei miei interlocutori il mio ricorso ad ogni autorità competente continuerà ad essere sistematico. Voi fate le multe, e io faccio ricorso. Foss’ anche un divieto di sosta da 28 euro. E quando il falso -come nel caso del Ghisallo- è evidente, comincerò anche a denunciare i singoli pubblici ufficiali responsabili.I responsabili. Mica l’ ufficio, col rischio che la mia reazione venga neutralizzata nelle sacche delle burocrazia. L’ ho già fatto, con successo, con la Rai che voleva surrettiziamente far pagare il canone tv sia a me che alla mia compagna convivente, nonostante la legge prevesse il contrario.
E, a questo punto, mi affiora un dubbio. Non è che, attraverso la «black list», la polizia locale di Milano, sempre per fare cassa, tra le multe spedite ai noi cittadini guardati a vista, ne inserisce di artefatte e false che «tanto nella massa non se accorgono»? Se così fosse, sarebbe orribile avere la certezza che il Comune, più che essere al servizio del cittadino, s’ ingegni per fotterlo. Caro dottor Barbato, e cari dottor Parisi, Sala, Corrado, Rizzo, Mardegan, Capotosti, Cappato o chiunque dopo queste tormentate elezioni salga a Palazzo Marino: fate qualcosa. Le regole si rispettano se i primi a farlo sono i controllori.

L’ altro giorno ero a pranzo da Oscar in Porta Venezia ed ero tentato di imbastire questo estenuato discorso ai due ufficiali di polizia locale in divisa che mi sedevano accanto. Poi ho capito che s’ affogavano di pennette comodamente seduti mentre erano in servizio, con l’ auto parcheggiata fuori incustodita non so se in divieto di sosta.
Chi sa se quell’ auto sia è mai passata dal Ghisallo…

Francesco Specchia (Liberoquotidiano)

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