Milano 9 Maggio – Non vorrei fare il solito discorso demagogico sulla necessità di difendere il patrimonio artistico milanese, ma da due anni ormai si parla dell’urgenza di restaurare la cappella di sant’Aquilino e restituire splendore ad un monumento paleocristiano, ma chi potrebbe stanziare soldi, non si muove. Promesse, solo promesse. Anche Don Augusto Casolo l’anno scorso denunciava la necessità e l’urgenza del restauro. Oggi Paola D’Amico sul Corriere dà notizia che “È partita la raccolta fondi per il restauro della Basilica di San Lorenzo Maggiore. A promuoverla è la Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio. L’obiettivo è partire dalla Cappella intitolata a Sant’Aquilino, che gli studiosi ipotizzano potrebbe essere stato l’antico mausoleo di Galla Placidia, figlia dell’imperatore romano d’Occidente Teodosio e a sua volta imperatrice reggente, e procedere per fasi con un progetto organico che «dovrà interessare l’intero monumento». Alle cui spalle, lo ricordiamo, in un’area sottoposta a vincolo monumentale, tra breve inizieranno gli scavi per la realizzazione della stazione Vetra della linea 4 del metrò.” Non credo si debbano fare commenti sull’insipienza dell’attuale Giunta. Comunque «Sono già stati raccolti alcuni fondi, provengono da privati, in primo luogo da un prestigioso gioielliere milanese — spiega la soprintendente Antonella Ranaldi —. Ho poi trovato un finanziamento da una fondazione svizzera e da altri cittadini attraverso i proventi delle pubblicità. Oggi abbiamo circa 180 mila euro. Per la prima tappa, che prevede il restauro dei mosaici, servono 600 mila euro». E per chi non ricordasse l’importanza storica e artistica del luogo, il Corriere spiega “San Lorenzo è un monumento che condensa 1.600 anni di storia. Come precisano gli studi della Soprintendenza archeologica (www.milanoarcheologica.beniculturali.it), l’aspetto straordinario della Basilica, la ricchezza degli ornamenti e «la consistente quantità del materiale prelevato da numerosi edifici pubblici romani» suggeriscono che il committente fosse un membro della famiglia imperiale e che l’edificazione sia iniziata prima del 402 d. C., data in cui la capitale dell’Impero fu trasferita da Milano a Ravenna. Uno degli elementi più importanti di reimpiego è il grande portale nel vestibolo della Cappella di Sant’Aquilino, formato da stipiti in marmo finemente decorati che rappresentano scene con animali e carri trainati da cavalli.
La Basilica è la più antica testimonianza conosciuta di chiesa tetraconca, cioè con quattro pareti ricurve. «Con la sua pianta centrale è un caposaldo dell’architettura, che si colloca nel filo conduttore che va dal Pantheon a San Vitale a Ravenna e a Santa Sofia a Costantinopoli», precisa Ranaldi. Fu modello studiato da artisti e architetti del Rinascimento. Si ritrova negli schizzi di Leonardo da Vinci e Bramante ne trasse ispirazione per il Duomo di Pavia e San Pietro a Roma.«Sono stata a lungo Sovrintendente a Ravenna e il mio impegno, qui, è di occuparmi di queste testimonianze, perché sono importantissime. Negli anni Trenta, l’allora Soprintendente Dino Chierici fece molto per la cappella di San Sisto e per la Basilica. Ma oggi è un luogo un po’ dimenticato. Bisogna iniziare un restauro organico, ripresentarla in una forma più consona che ne faccia comprendere l’importanza».
Le fondazioni (realizzate con le pietre dell’Anfiteatro demolito) furono molto studiate, all’inizio del secolo scorso. Un progetto di allestimento datato 1913 le ha rese parzialmente accessibili. Non lo sono, invece, i matronei: quello del corpo principale della Basilica, che nelle intenzioni della parrocchia dovrà essere aperto al pubblico dopo il restauro e che diventerà l’Antiquarium(ospita già oggi tutti i frammenti recuperati e i lacerti dei rivestimenti parietali). E quello dell’adiacente Cappella di Sant’Aquilino, interamente affrescato, come precisa l’archeologa Anna Maria Fedeli con «decorazioni paleocristiane, originali del V secolo d.C.».
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