Lambrate non è il Decumano, caro Beppe

Milano

Milano 10 Maggio – Come cittadini del Municipio 3, abbiamo avuto l’onore di ospitare il presidente del Consiglio, in via Conte Rosso. Ci sentiamo debitamente fortunati, ovviamente. Egli ci ha presentato il suo candidato, il fido Beppe appunto, e ci ha promesso che farà lo stesso splendido lavoro che ha fatto con Expo. Suppongo non si riferisse ad inguattare i conti, giocando al coniglio nel cilindro fino all’ultimo giorno delle elezioni. E che di certo non si riferisse alle strane apparizioni e sparizioni di dati sugli afflussi. No, non pensava certo alla considerevole capacità di non rendersi conto di nulla di rilevante che gli succedeva attorno, tipo il colore politico della Giunta Moratti, le malefatte degli appalti e l’infedeltà di un discreto numero di funzionari. No, certo che no, Renzi parlava della capacità quasi miracolosa di portare a casa qualcosa che i più pensavano irrealizzabile. Una delle caratteristiche fondanti del centrodestra è la magnanimità. E noi cerchiamo di esserlo. Certo, Expo è stata una grande impresa. Certo, ci ha dato lustro. Certo, Sala non ha fatto tutto da solo. Ma qui il problema è un altro. Milano, come recita una fortunata pagina Facebook, non è una fiera Arancione. In primis perchè, cosa che a sinistra pare sfuggire a molti, non è affatto una fiera. Non è un’esposizione temporanea che alla fine si può facilmente smontare. Facilmente è una drammatizzazione che spero mi passerete. Il problema è che non si può pretendere che due situazioni, una transitoria ed una radicata, siano sovrapponibili. Eppure non è ancora questo il punto. Il vero problema è il conto economico. Expo poteva perdere quanto voleva. Poteva largheggiare. Non esistevano né vincoli di stabilità né pratiche di buona amministrazione da rispettare. L’unica regola era riuscire. Ad ogni costo. Sembra lo specchio della politica Renziana, dagli 80 euro fino al bonus cultura per i diciottenni non c’è cifra che non spenderebbe per comprare un ultimo voto in più. Per Beppe parla di un calcio di rigore. Ma in realtà sta giocando una complessa partita a golf, cercando di convincere gli spettatori che sia possibile colpire la terra, alterarne la rotazione e sedersi compiaciuti mentre la pallina va in buca. Il sistema Expo, in altre parole, non è replicabile qui, sulle sponde del Lambro. Non ci sono soldi infiniti, non ci sono installazioni momentanee, qui, sulla riva del Lambro.

Per scacciare nomadi e baraccopoli non ci sono corpi dell’esercito dedicati. Nessuno ripianerà i buchi fatti dai suoi sogni che si sfracellano. Sempre che Sala sogni. A Pisapia tutto si poteva, e si può, contestare, meno la mancanza di fantasia. Beppe non ha nemmeno quello. Ha solo un infinito libro dei sogni scritto dai pochi reduci dalla Rivoluzione Arancione che, ebbri di tasse altrui, chiedono che il baccanale non cessi e non cali il silenzio sulla loro musica. Ecco, nemmeno questi potrà assecondare. In un circolo Acli Renzi chiede ai suoi di segnare il rigore, ma non c’è alcun rigore. Non c’è alcun portiere. Non c’è pubblico. Non c’è arbitro. La partita è già finita. Resta solo il Baggio di turno in ginocchio a domandarsi cos’abbia sbagliato. Là, sulle sponde del Lambro.

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