Milano 14 Maggio – «Si sta smarrendo il valore della famiglia tradizionale». Il commento Oltretevere sulla legge che di fatto regolamenta le Unioni Civili spetta al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura del Vaticano. Modi pacati e tono conciliante. Quando si tocca il tema del riconoscimento di molti dei diritti da sempre ad appannaggio di coppie eterosessuali, il cardinal Ravasi misura le parole. Ci pensa. Seleziona con minuzia i termini da utilizzare, per niente forti.
Cardinal Ravasi il Vaticano ha da sempre seguito con particolare interesse le dinamiche dello Stato italiano. Oggi le Unioni Civili sono legge, qual è il suo commento a proposito?
«Noi vorremmo sempre di più che ci si impegnasse per quanto riguarda la famiglia tradizionale in tutte le sue ricchezze e capacità».
La possibilità di creare nuovi nuclei famigliari, che non sono più solo composti da un uomo e una donna, ma da persone dello stesso sesso, la vede come una minaccia?
«Non uso mai queste espressioni di minaccia o meno. Riconosco la molteplicità delle visioni che ci sono all’interno della società italiana contemporanea. Ci sono molte visioni diverse, non c’è soltanto una visione come la nostra che è stata oramai formalizzata esplicitamente dal Sinodo dei vescovi. Non posso non constatare che nella società sono presenti convenzioni differenti. Non si possono ignorare le diversità».
Non se la sente di «scomunicare» questa legge?
«Riconosciamo che lo Stato italiano fa delle sue scelte che sono proprie. Noi oggi abbiamo un compito, dobbiamo ribadire con grande forza il rilievo che deve avere la famiglia nella sua tradizione, formulazione, presentazione che è ancora quella dominante».
La legge introduce per le persone omosessuali unite civilmente l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale e quello di contribuire ai bisogni comuni, garantisce di fatto la reversibilità della pensione ed equipara il partner dello stesso sesso al coniuge per il diritto di eredità.
«Sono scelte tipiche di uno Stato che fa queste opzioni sulla base di una visione particolare, propria di una comunità civile che ha tante espressioni diverse, diverse da quelle che noi possiamo rappresentare. Io credo che da oggi ci sarà da impegnarsi per quanto riguarda le politiche famigliari. E intendo la famiglia tradizionale».
Sembra di intuire che ci sia dello scontento a riguardo. Se potesse dare un voto all’operato del Governo e Parlamento italiano sul welfare e sulle politiche famigliari, quale sarebbe?
«Non spetta a me dare dei voti. Qualcosina è stato fatto, sicuramente andrebbe fatto molto di più e devo dire che anche su questo, e qui lancio un appello anche alla Chiesa, affinché s’impegni di più ad aiutare l’enorme numero di famiglie in difficoltà, con un occhio di interesse per i giovani che sono, all’interno del nucleo famigliare, il futuro e sono davanti senza grandi orizzonti di lavoro e culturali, perché la società attuale non è più cattiva, ma stanca, banale, superficiale, che non cerca di venire incontro anche ad alcune domande fondamentali, come anche lo sport».
Francesca Pizzolante (Il Tempo)
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