Milano 14 Maggio – In riferimento all’Expo Sala aveva dichiarato “I conti tornano. Chiunque metta in dubbio il successo di Expo, fa disinformazione”. Ma l‘obiettività dei conti parla di una musica ben diversa e, a ben vedere, ridimensiona le capacità del manager Sala e la sincerità dell’uomo. Con una disamina puntuale Fabio Rubini su Liberoquotidiano dimostra che i conti finali sono pesantemente in rosso. Ne proponiamo l’Articolo:
“A distanza di quindici giorni, in effetti, a leggere il documento di liquidazione della società Expo Spa, abbiamo fatto un bel salto sulla sedia. È accaduto quando l’occhio è caduto sui 406,8 milioni di euro di «debiti ancora da liquidare a fine 2015». E la mente è corsa a quando lo stesso Sala disse (il 23 dicembre 2015 al Fatto e il 20 gennaio 2016 durante un confronto con gli altri candidati) che il bilancio dell’Expo non sarebbe stato in rosso.
Il documento, invece, dice il contrario. Per la precisione spiega poi che sui 406,8 milioni di rosso, 148,8 sarebbero compensati da crediti di pari importo verso gli stessi soggetti, per un rosso totale di 258 milioni. Una cifra ascrivibile ai debiti verso fornitori (al 18 febbraio ne erano stati pagati 59 milioni). Fornitori che hanno creduto in Expo e che ora si vedono presi per la gola. Più di un’azienda, come Libero ha più volte documentato, a seguito dei ritardi nei pagamenti ha dovuto portare i libri in tribunale, altre hanno dovuto ricorrere a cassa integrazione e a licenziamenti. E non è tutto, perché nel documento non sono comprese le possibili controversie cui Expo può andare incontro, come ad esempio la difficile trattativa con i gestori dei parcheggi esterni che non sono minimamente rientrati dall’investimento e che chiedono risarcimenti milionari. E ancora i costi di smantellamento e di bonifica del sito, non ancora quantificati del tutto. Numeri e contenziosi che spiegano anche il nervosismo crescente di Sala, che ai numerosi errori di compilazione dei documenti e al caso spinoso della sua possibile incandidabilità, deve ora aggiungere i debiti sempre negati, ma messi nero su bianco dai liquidatori, di Expo Spa.
Tornando al documento di liquidazione si legge poi che complessivamente (vale a dire dal 2009 a fine 2015) l’Expo è costato 2.254,7 milioni di euro così ripartiti: 1.258,7 milioni di contributi pubblici, 944 milioni di ricavi gestionali e 168,9 milioni di ricavi vari. Capitolo crediti: a fine
2015 erano 279,3 milioni, non tutti esigibili. Per questo è stato accantonato un fondo di svalutazione pari a 59,7 milioni. I restanti 219,6 sono compensati per 148,8 dai debiti nei confronti dei medesimi soggetti. Mentre i crediti netti esigibili ammontano a 70,8 milioni (32,9 già incassati al 18 febbraio).
Capitolo biglietti: in totale ne sono stati emessi (non venduti) 21.476.957, di cui 5.432.090 solo con gli ingressi serali a 5 euro. Facendo un rapido calcolo per pareggiare i conti dell’Expo solo con la vendita dei biglietti il costo medio di un solo tagliando avrebbe dovuto essere di più di 100 euro. Cifra ovviamente improponibile per una kermesse popolare come l’Esposizione Universale. A parziale consolazione di Sala restano i 23 milioni di patrimonio netto che i più ottimisti salutano come un grande risultato.
Come detto i numeri sopra descritti smentiscono le previsioni trionfali di Sala. Previsioni fatte un po’ incautamente. Nessuno, infatti, né prima né durante, né dopo la manifestazione, aveva preteso dal commissario unico Giuseppe Sala un bilancio in pareggio o addirittura in utile. Ma è stato proprio lui, con le sue dichiarazioni un po’ frettolose, a generare un’aspettativa sui conti che invece è andata delusa.
Ultima postilla: questi numeri sono ancora parziali. La partita dei costi dell’Esposizione universale si chiuderà solo con la definitiva liquidazione di Expo Spa. Solo allora capiremo veramente a quanto ammonta il «buco» dell’Esposizione Universale targata Beppe Sala. confermata la teoria secondo la quale Sala sarebbe ancora nei suoi pieni poteri di commissario, sancirebbe non solo la sua ineleggibilità, ma anche la sua incandidabilità con decadenza immediata sua e delle liste che lo appoggiano. (…)
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