Spieghiamo un paio di cose a Sala sulle case MM

Approfondimenti Milano

Milano 17 Maggio – L’altro ieri Sala, insieme a Del Rio, è arrivato, soldi alla mano, in città a promettere un po’ di prebende in cambio del voto dei cittadini in emergenza abitativa. Che a Milano si mescola con le 35 mila case sfitte. Ovviamente l’equazione porta all’unica soluzione di chiedere più soldi a Roma. Che arriveranno a pioggia. Il piccolo e non trascurabile dettaglio, però, è che mettere 4 o 6 mila case sul mercato con un sistema fortemente sbilanciato può solo peggiorare la situazione. Facciamo un passo indietro. Il patrimonio immobiliare del Comune di Milano è immenso, ma soprattutto è eterogeneo. Si va dai casermoni di periferia ai lasciti al Pio Albergo Trivulzio in centro. Non ha alcun senso pensare che tutto questo patrimonio serva realmente a qualcosa. Non è un’opera di edilizia per i meno abbienti. È troppo grande, costa troppo da mantenere, è impossibile da controllare e genera una montagna di costi indiretti. Io faccio sempre come esempio la sede di Aler in viale Romagna, al cui interno c’è una banca sì. C’è una banca. Non è che magari siamo cresciuti troppo? Inoltre l’intera gestione è riuscita nella peculiare impresa di mescolare i fallimenti del pubblico con alcuni comportamenti del privato che funzionano solo in regime di libero mercato. Da una parte abbiamo un padrone assente, che non ripara quello che dovrebbe, non manutiene quello che sarebbe tenuto a manutenere e in definitiva è attento solo a riscuotere il dovuto. Ma. Ma poi interviene il peggio del lato pubblico. Quindi il proprietario smette di riscuotere. Da alcuni inquilini solamente. Tartassa gli altri, magari mandando richieste di pagamento per debiti prescritti. Nella speranza che qualcuno ci caschi e paghi. Perchè se paghi un debito prescritto non li rivedi più i soldi. Inoltre ha la brutta abitudine di fare il forte con i deboli ed il debole con tutti gli altri. La lotta all’abusivismo è arbitraria e scostante, alternando momenti di iperattività senza alcun discrimine ad interminabili pause in cui tutto è concesso. Ecco, tutto questo porta ad un buco nei conti. Perchè il sistema DOVREBBE autosostenersi, con un minimo intervento pubblico. Dovrebbe. Ma così non solo non è, ma non lo sarà mai. I regolari non riescono a sobbarcarsi tutto e tutti. Da qui una modesta proposta, che Aler aveva ed ha iniziato a fare sul suo patrimonio. Vendere. In primis, e soprattutto, a chi in quelle case ci sta. E poi, partendo dai beni di lusso, il vendibile. Se avere una casa è un diritto, avere una casa alla Moscova è un privilegio che andrebbe pagato.

Questo non ha nulla a che vedere con la promessa di sei mila case a canone calmierato. Quelle seimila abitazioni, tra l’altro, i Milanesi avrebbero un gran piacere non finissero, in via prioritaria, agli ultimi arrivati. Io credo che anche tra gli immigrati ci siano gerarchie. Per esempio, i regolari vengono sempre prima degli irregolari. E chi è qui da decenni, diventando ormai Italiano, dovrebbe arrivare prima di chi è arrivato ieri. Questo si può ottenere, facilmente, come la storia di Padova insegna, mettendo nei punteggi la permanenza sul territorio Nazionale. È un sistema facile e veloce. Che ovviamente Rozza e Maiorino a Sala non faranno mai fare. Speriamo in Parisi per questo.

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