7 giorni senza smartphone e il Comune offre una gita a Gardaland: una pausa per un tuffo nel passato

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Milano 22 Maggio – Scade questo lunedì, l’esperimento a cui si è sottoposta qualche decina di giovanissimi studenti. L’amministrazione comunale di Vigonza, paesone padano alle porte di Padova, ha infatti indetto un “concorso” per scuole medie a dir poco particolare: una gita gratis al parco divertimenti di Gardaland a tutti coloro che resistano una settimana intera senza smartphone. Chi ha aderito, a inizio settimana ha dovuto consegnare il cellulare in Comune. Tra i soliti battibecchi da copione delle opposizioni, tra preoccupazioni di mamme apprensive (“Non è che portano in Comune il cellulare della nonna?”) e commenti paternalistici degli amministratori, l’iniziativa ha preso piede ed è tuttora in corso.

Dell’esito ancora non possiamo sapere. Passerà alle cronache come escamotage pubblicitario-elettorale, come intervento lungimirante, o sarà il ricordo di una settimana diversa per i partecipanti -comunque andrà, lo spunto è importante. Non esagera il sindaco della cittadina quando parla di “disintossicazione”. Lo sviluppo tecnologico, ci mancherebbe, è un bene perché ci semplifica l’esistenza e ci mette in contatto gli uni con gli altri: non è una questione di retorica nostalgica del “piccolo mondo antico”, in cui è comodo cercare riparo quando il mondo va avanti troppo in fretta. Il problema è quando usiamo questi strumenti tecnologici (e soprattutto quelli portatili come smartphone e tablet) per riempire dei vuoti.
Possono essere vuoti esistenziali, come la mancanza di forti legami reali o l’insoddisfazione verso la realtà quotidiana, che spingono a cercare compensazione nei social network: passando ad esempio tanto tempo della propria giornata su facebook a interagire con i nostri amici virtuali o a interessarci di ciò che loro intendono mostrarci, oppure a costruire una nostra propria immagine virtuale (ovviamente il più possibile: in forma, sempre in giro, sempre alle prese con esperienze di tutti i tipi, circondata di persone, amatissima dal partner, cool, vincente) una foto dopo l’altra su instagram. Possono essere semplicemente vuoti “di routine”, come tempi morti, attese, tempo libero.

Per quanto riguarda il primo tipo di vuoto, quello profondo-esistenziale, il discorso è assai complicato e un intervento “dall’alto” come quello di Vigonza (proviamo a immaginarlo in scala nazionale: delle norme governative?) sarebbe oltre che inutile anche ridicolo. Però un’iniziativa del genere aiuta senz’altro nel secondo caso. Proviamo ancora a immaginare di non cercare subito lo smartphone nella tasca quando aspettiamo il tram, quando viaggiamo in metro, quando facciamo la pausa caffè al bar, quando attendiamo una persona a un appuntamento. Invece di scorrere svogliatamente con il dito le home di tre o quattro siti/social e bombardare passivamente il cervello con cento mini-informazioni a caso (gli aggiornamenti di “cosa fanno” gli amici su facebook, tutti i titoli delle notizie di twitter, l’anteprima delle nuove foto caricate su instagram, i consigli recenti di pinterest e via discorrendo), sarebbe bello fare altro. Lasciare libera la mente. Di vagare, di metabolizzare quello che ci è successo nella giornata, di fantasticare. Di ascoltare, e non solo sentire, i suoni intorno; di fare caso alle persone accanto a noi, ai luoghi che attraversiamo.

Non ci auguriamo certo che il sindaco della nostra città, ovunque essa sia, vari una norma ad hoc. Forse però, iniziative più o meno provocatorie in merito possono produrre quello che veramente è il motore del cambiamento, cioè la presa di coscienza. Per la serenità, per disintossicarci dal superfluo e liberare la nostra quotidianità dalle inutili invasioni esterne: carpe diem.

Francesca del Boca

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