Europa: l’emorragia del buon senso

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Milano 27 Maggio – Gli inquietanti segnali di debolezza che si erano manifestati tra la fine del 2015 e l’inizio dell’anno si sono concretizzati nel peggior mese per l’industria italiana dal 2013. Le stime della produzione industriale di marzo diffuse dall’Istat indicano un terribile calo del 3,6% annuale (-1,6 su febbraio). Non meglio gli ordinativi, che registrano una diminuzione 3,3% su febbraio. L’elemento peggiore è il calo significativo della domanda interna, finora in timida ripresa. Un recupero che aveva, almeno parzialmente, compensato il calo dell’export. Ora tutto questo sembra essere finito.
Il peggioramento della congiuntura internazionale, e la perdurante austerità a livello europeo portano ad uno scenario di stagnazione di lungo periodo alternato a qualche piccolo risveglio. Esattamente come abbiamo previsto. Quello che sta accadendo è un caso evidente di emorragia del buon senso. Le tecnocrazie che governano l’Europa sono ancora convinte cocciutamente di avere ragione. Continuano sulla loro strada nella certezza che se i fatti dell’economia non si allineano alle loro convinzioni tanto peggio per i fatti. Dimostrano così quanto siano perduti tra i fumi dell’inconsistenza. Neanche il voto di domenica in Austria è bastato. Eppure dovrebbero averlo capito se non avessero ormai perso il buon senso. Il voto austriaco racconta la stessa storia di Polonia, Ungheria, Francia, Danimarca, Grecia e perfino Germania: l’elettorato abbandona i partiti tradizionali che tifano Europa. A cominciare dalle forze legate al Partito socialista. I 30 mila voti di scarto a Vienna indicano che la strategia della demonizzazione – usata nel 2001 in Francia per fermare il “fascista” Jean-Marie Le Pen alle presidenziali – o quella delle sanzioni – contro l’Austria nel 2000 quando la Fpö di Jörg Haider entrò in un governo di coalizione – non basta più per arginare l’ondata ostile all’euro e alla Ue.
“Gli investitori stanno scappando dall’ Europa”, è l’allarme lanciato dal Wall Street Journal. Il 23 giugno c’è il referendum nel Regno Unito sulla Brexit. Il 26 giugno la Spagna potrebbe confermarsi un paese ingovernabile. L’Ue spera in un reset nel 2017, quando andranno al voto Francia, Germania e forse Italia. Nel frattempo lo scontento cresce alimentato da un’economia che non riparte. Marine Le Pen che tra un anno potrebbe conquistare la Francia e Alternative für Deutschland potrebbe impedire a Cdu-Csu e Spd di a governare la Germania.
Ernesto Preatoni blog

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