Il Comune con la cultura ha decisamente banchettato

Approfondimenti Milano

Milano 31 Maggio – Tra le tante, magnifiche e mirabolanti promesse arancioni profferite durante la campagna elettorale del 2011, c’era anche quella di creare, come se per altro precedentemente non ce ne fosse (ma si sa, finché non governa la sinistra il popolo è rozzo e barbaro…), una “cultura diffusa” (?) in città, perché, parole dell’allora futuro sindaco Pisapia, “non è vero che con la cultura non si mangia”.

Tralasciando ogni commento al riferimento, stucchevole già cinque anni fa, alla nota, travisata e decontestualizzata espressione di Tremonti, va ricordato che il futuro sindaco arancione prometteva esplicitamente, tra le tante fantasie e iperboliche dichiarazioni d’intenti, “politiche di prezzi sostenibili per consentire a tutti di accedere alla cultura”.

Ora, è ben noto come, di questi tempi, l’aggettivo “sostenibile” – tutto è rigorosamente “sostenibile” nella insostenibile (per chi deve lavorare per sbarcare il lunario) Milano di Pisapia – accostato a qualsiasi vaniloquio lo renda elegante, politicamente corretto e impossibile da censurare, per cui si potrebbe pensare che il discorso vada chiuso qui; tuttavia, il modo con cui l’amministrazione arancione, in questi tragici cinque anni, ha “attuato” il suo proposito programmatico merita davvero un piccolo approfondimento.

Infatti, o il sindaco e i suoi assessori riescono, mediante le ben note acrobazie dialettiche di cui han dato abbondante prova di esser capaci, roba che neanche i vecchi democristiani delle convergenze parallele, a convincere del fatto che l’ingresso nei musei non rappresenti un caso, molto banale, di “accesso alla cultura”, oppure, ed è l’ipotesi più probabile, anche questa promessa è stata disattesa.

Anzi, in coerenza con tutta la gestione arancione, che ha determinato soltanto l’aumento dei costi a fronte del taglio dei servizi, perché tutte le risorse sono state ferocemente dirottate in iniziative puramente ideologiche prive di alcuna incidenza positiva e reale sulla vita dei cittadini, il prezzo del biglietto di ingresso di tutti i musei del Comune è addirittura aumentato.

Pisapia e la sua truppa di forsennati dell’ideologia, così come per quanto riguarda le tariffe di occupazione del suolo pubblico, le addizionali comunali (prima del tutto assenti), il biglietto ATM e tante altre cose, hanno “rimodulato” (a sinistra non “aumentano” mai i costi, li “rimodulano”) anche il prezzo dei biglietti d’ingresso ai Musei Comunali, i quali, per altro, spesso scontano grottesche inefficienze come, per museo-archeologico-milanoesempio, avviene al Museo Archeologico dove, durante l’orario di apertura, si verificano, a rotazione, chiusure dei reparti perché il personale è, o sarebbe, in pausa pranzo (!).

Mentre, in precedenza, alcuni accessi erano addirittura gratuiti, come nel caso dell’Acquario Civico, per giunta ristrutturato dalle amministrazioni di centrodestra a metà degli anni duemila, e gli altri prevedevano un biglietto di tre euro, dopo le “rimodulazioni” di Pisapia tutti i Musei comunali hanno un costo di ingresso pari a cinque euro, salva l’introduzione di improbabili abbonamenti scontati e complicatissime, secondo lo stile ultra burocratizzato tipico dall’approccio ideologico statalista, presunte agevolazioni per tutta una serie di situazioni particolari che hanno poco riscontro nella realtà.

Sia chiaro, nessuno pretende che i Musei, che hanno un costo di gestione, siano per forza gratuiti, ma, posto che il cittadino medio non visita lo stesso museo più volte in brevi periodi, per cui la politica di alzare il costo biglietti per spingere a sottoscrivere gli abbonamenti (come avvenuto anche coi mezzi pubblici) è a dir poco grottesca (in pratica, una presa in giro), se si sbandiera ai quattro venti di voler rendere più “popolare” l’accesso alla cultura e, contestualmente, si caricano i cittadini di tasse, è semplicemente inconcepibile che vengano alzate le tariffe e, addirittura, venga introdotto il biglietto di ingresso dove era assente.
Se poi si appartiene a quell’area politica che, con proterva arroganza, si è sempre presentata come unica portatrice di cultura in un mondo di avversari barbari e ignoranti e ha sempre accusato gli avversari di proporre soltanto spazzatura televisiva degna del peggior pecoreccio da commedia anni settanta, gli aumenti del costo di ingresso dei Musei hanno un solo nome: fallimento totale.

Alessandro Barra

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