Milano 31 Maggio – A pochi giorni dalle elezioni un giornale come il nostro non può non render conto ai propri lettori del programma elettorale di Parisi sulle tematiche fiscali. Soprattutto, non può non dar conto della discontinuità ideale con il passato. Un passo indietro. Esistono due diversi approcci alla finanza pubblica, uno che dice “tassa, spendi e non preoccuparti, quando arriveranno le conseguenze saremo tutti morti” ed uno che dice “spendi il meno possibile, chiedi poco, mantieni tutte le promesse e fanne sempre meno”. I sostenitori del primo modus operandi hanno un indubbio vantaggio, sanno far sognare alcuni elettori. Nel 2011 Pisapia ha vinto così. Nel 2016 i numeri sono impietosi, come più volte ricordato dall’editore di questo giornale, il consigliere De Pasquale. Si è scoperto, in buona sostanza, che i problemi non aspettano la tua morte per arrivare. Ora ci sono due questioni aperte: cosa fare e come farlo. Il cosa è facile. Ed al contempo molto pericoloso. Bisogna tagliare le tasse. Ma come? Questa è la trappola per orsi in cui il centro destra cade da decenni. Non ci sono molte alternative. Tagliare la spesa o fare debito. Parisi è netto sul punto. Niente debito. Ma, cosa tanto rara da essere quasi (E)inaudita, dice anche chiaramente che la spesa va tagliata. Cerchiamo di svelare l’arcano. Quando triplichi la tassazione come ha fatto Pisapia, da qualche parte questi soldi devono andare. Visto che i servizi non hanno mai fatto così schifo, possiamo escludere che siano stati spesi per risolvere le criticità. Lunedì la città ha riscoperto l’utilità del canotto, tanto per dire quanto poco sono stati puliti i tombini e quanto manchi ad avere una città sicura idrogeologicamente parlando. Le metropolitane hanno, è vero, in alcuni casi convogli nuovi. Ma in generale il livello di trasporto è ancora lontano da quello che si paga. Quindi dobbiamo presumere che una grossa fetta vada a sovvenzionare progetti particolari. Di cui la maggioranza dei cittadini non si accorge, ma che sfamano minoranze assai rumorose. Minacciarli di lasciarli a secco è oggettivamente un atto da uomini intrepidi. Ma è anche l’unico modo per interrompere una spirale pericolosa. Ovvero, se l’intervento A è costoso, limitato a pochi soggetti che ne godono e ideologicamente carico, se lo finanzio, dopo devo fare lo stesso con il progetto B, C, D eccetera. Ma se io decido le spese che non portano servizi fondamentali il sistema si riequilibra. Ecco, questo è un altro punto fondamentale da cui siamo scappati per troppo tempo. Cosa sono le tasse? Le tasse sono il corrispettivo dei servizi resi. Finalmente.
Finalmente le tasse hanno smesso di essere: un correttore alle diseguaglianze. Altrimenti detto il furto dello Sceriffo di Nottingham che deruba chi produce per darlo a chi non lo fa. Non sono nemmeno un sistema di sostentamento della cosa pubblica. Cioè non sono nemmeno più l’oro ad una patria che non cessa di nutrirsi delle lacrime e del sudore dei propri figli. Non sono nemmeno più “una cosa bellissima”. Sono, semplicemente, una necessità ed un corrispettivo. Sì, non è il massimo, ma ad essere realisti non si poteva chiedere molto di più. Di certo possiamo gioire perchè smettono di essere un qualcosa di ideologico, avulso dalla realtà ed ancorato alle delusioni di chi governa.
Insomma, sul fisco si cambia rotta e si ritorna a quando Milano era una grande, accogliente libera città. Non è poco, penso.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,