Hillary Clinton e la ferrea volontà di servire dei nostri giornalisti

Approfondimenti Esteri

Milano 8 Giugno – Avrete letto che la Clinton sarà la prossima candidata Democratica alle Presidenziali Usa. Avrete letto i commenti esultanti. Le profonde analisi. La commozione generalizzata. Gli applausi. Le crisi mistiche. I servi inorgogliti dal nuovo padrone. Pardon, padrona. E dovreste essere orgogliosi, perché solo qui possiamo leggere certe cose. Visto che non ha vinto alcunché. Consentitemi di riportare un po’ d’ordine. Ieri l’Associated Press, qualcosa tipo la nostra Ansa, dichiara che, sommando i delegati vinti dalla Clinton, con i super delegati, ovvero quei soggetti che per regolamento di partito votano di diritto alla Convention ed hanno detto di volerlo fare per lei, lei ne ha il 50%+1, quindi avrebbe la maggioranza. AVREBBE. Non “ha”. Perché, quella maggioranza, ha due piccoli problemi. Uno minimo e formale, esisterà solo SE si riunirà quella convention. Ed uno sostanziale, i superdelegati sono un problema politico. Sanders li attacca costantemente. Sono come la vecchia camera dei Lord. Anti democratica. Un cascame di epoche passate che da solo è in grado di ribaltare il tavolo. A buon ragione un anti casta, anti establishment li chiamano da quelle parti, come lui ne fa un bersaglio. Se la Clinton, per ipotesi, dovesse vincere solo grazie a quelli il problema politico a Novembre, alle elezioni Presidenziali, sarebbe abissale. Quindi non è propriamente vero che lei abbia vinto. Soprattutto se per “vinto” intendiamo “convinto”. La sua sorte si deciderà stanotte (ieri notte ndr), con l’ultimo super Martedì, e domani quando leggerete questo articolo ne saprete più di me che ne scrivo al buio. Anche perché il problema non è questo.

Il problema è la nostra classe di giornalisti. Volete una prova? Thehill.com, uno dei principali siti di informazione politica Usa, titola così sul tema: “Clinton prevista come la prima donna a vincere il supporto alle presidenziali di uno dei maggiori partiti”. Non ha vinto alcunché. Si prevede lo farà. Lo si prevede da mesi. Non è nemmeno una notizia. L’articolo è un collage di dichiarazioni. La più interessante delle quali è di Sanders, che nota come sia assai interessante il tempismo di questo conteggio. Proprio il giorno prima dell’ultima grande resistenza di Sanders, come titola politico.com. Resistenza a che?, verrebbe da domandarsi seguendo i giornalisti nostrani. Non aveva già vinto Hillary. Veramente no, ci spiega il Senatore del Vermont, visto che i super delegati possono cambiare idea all’ultimo momento, al contrario dei delegati vinti nelle primarie. Ah. Sarà mica che la stampa stia lievemente cercando di spingere la Clinton, vero? Sarà mica che l’establishment, o casta, decidete voi, stia cercando di fare in casa Democratica quello che ha fallito in casa Repubblicana? Ovvero avere un candidato conosciuto, noto, vagamente ricattabile e pronto a servire i propri servi?

In Italia non leggeranno le fonti più indipendenti a disposizione, ma certe cose i reporter le capiscono. E quindi ubbidiscono. Un tempo si parlava di giornalismo in ginocchio, ma qui siamo addirittura oltre. Qui si cerca di essere più realisti del re. Qualcuno sta già preparando i coccodrilli per Sanders. Qualcuno spera che quei coccodrilli se lo mangino. A qualcuno di lui non importa nulla, ma difende un principio. Quello di lealtà. Il giornalista non fa la storia, la documenta. Questa terza categoria in Italia manca del tutto. E temo che nessuno di noi ne senta abbastanza la mancanza.

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