Milano 15 Giugno – Dal 16 giugno al 25 settembre 2016 si terrà a Brera uno straordinario dialogo tra due capolavori della storia dell’arte: Il Cristo morto di Andrea Mantegna, una delle opere simbolo della Pinacoteca, icona universale del Rinascimento e Il Cristo morto con gli strumenti della passione, versione dello stesso soggetto dipinta nel 1583-1585 da Annibale Carracci, proveniente dalla Staatsgalerie di Stoccarda. All’opera di Mantegna sarà accostato anche il dipinto Compianto sul Cristo morto, realizzato da Orazio Borgianni nel 1615 e proveniente dalla Galleria Spada di Roma.
ATTORNO A MANTEGNA è il secondo dialogo fra le opere del museo e illustri quadri ospiti proposti dalla Pinacoteca e dal direttore James Bradburne, dopo il confronto tra i due Sposalizi della Vergine di Raffaello e Perugino, visibile sino al 27 giugno; sarà l’occasione per un riallestimento delle sale in una progressione che coinvolgerà l’intero circuito del museo. Confronti, “conversazioni”, che aiuteranno a guardare con occhi diversi i dipinti, che saranno fruibili dal pubblico con l’ausilio di nuovi testi di sala, didascalie più articolate, illuminazione e colore delle pareti completamente rinnovate.
La notevole fortuna visiva tra Cinquecento e Seicento del Cristo morto di Andrea Mantegna (1480), è documentata da una sequenza prestigiosa di derivazioni cinque e seicentesche a partire da un Compianto di Cristo giovanile di Sodoma, collocabile intorno al 1503.
Rispetto all’austera composizione mantegnesca quella di Sodoma è vivacizzata da una più cospicua presenza di dolenti ai lati di Cristo, colto in diagonale, sul modello del Cristo di Brera. Le successive meditazioni/derivazioni sul Cristo di Mantegna conducono in area emiliana, con il piccolo dipinto su tela di Lelio Orsi, Cristo morto tra la Carità e la Giustizia, datato agli anni settanta del XVI secolo, della Galleria Estense di Modena, ma soprattutto al magnifico dipinto, olio su tela, di Annibale Carracci protagonista di questo secondo Dialogo.
Carracci potè forse vedere il capolavoro di Mantegna nelle collezioni di Pietro Aldobrandini a Roma, o nel suo “errare in Lombardia”, negli anni ottanta del Cinquecento, ma anche attraverso le incisioni cinquecentesche molto note nell’Accademia bolognese degli Incamminati, in cui l’interesse per lo“scurto”, ovvero lo scorcio, del Cristo morto era molto vivo, per gli studi dal vero e la resa naturalistica del corpo umano.
Il dipinto di Annibale interpreta il capolavoro di Mantegna con un naturalismo intenso, quasi ‘macabro’, con un arditissimo scorcio del corpo di Cristo in primo piano, che ne evidenzia il movimento disarticolato, con una scelta virtuosistica che testimonia il tentativo di mettersi audacemente in gara con il modello. Annibale Carracci elimina le figure dei dolenti, e con lo scurto di lato del corpo di Cristo, che occupa l’intero campo della tela, intende mostrare con realismo il torace della figura, con le ferite ancora sanguinanti, il volto straordinario, la bocca ancora semichiusa; realismo evidenziato dagli strumenti della Passione e dalla corona di spine collocati in primo piano, a testimonianza della brutalità del martirio, appena avvenuto.
La fortuna visiva del Cristo in scurto di Mantenga risultò notevole anche in ambito caravaggesco, con le varie redazioni del tema del Compianto eseguite da Orazio Borgianni nel secondo decennio del Seicento, due delle quali in Palazzo Spada a Roma, e l’altra nelle collezioni di Roberto Longhi, ora nella Fondazione omonima, che ripetono in primo piano il tema del vaso dell’unguento.
Proprio l’opera di Palazzo Spada, si confronterà a Brera con Carracci e Mantegna. Borgianni conosceva il dipinto di Mantegna, che all’epoca si trovava nella collezione Aldobrandini, e lo usò come punto di partenza per un’opera in cui il contenuto emotivo viene esternato da quelli che i critici secenteschi chiamavano gli “affetti”: emozioni trasmesse attraverso i gesti e l’espressione del volto.
Giornata inaugurale 16 giugno con ingresso gratuito dalle 8.30 alle 22.15
Pubblicazione edita da SKIRA a cura di Keith Christiansen.
Laurea Magistrale in Lettere Moderne. Master in Relazioni Pubbliche.
Diploma ISMEO (lingua e cultura araba). Giornalista. Responsabile rapporti Media relations e con Enti ed Istituzioni presso Vox Idee (agenzia comunicazione integrata) Milano.