Milano 21 Giugno – Ok, non a Milano. Né a Roma. O a Torino. E neppure a Napoli. Però su 22 ballottaggi il Centrodestra ne porta a casa 10, contro i 9 di sinistra ed i 3 Grillini.
Ecco, visto che stiamo discutendo di numeri, facciamo un passo indietro. Cinque anni fa si era chiusa 20 a 4. Quest’anno mi pare andata decisamente meglio. Certo, manca il gioiello della corona. Ma dire che il centrodestra è sparito mi pare delirante. Anche se, da un punto di vista psichiatrico, la cosa davvero importante è la natura di questo delirio. La natura autopunitiva, in dettaglio. Milano e Varese sono due gravi ferite, soprattutto all’ego, ma Trieste non è precisamente Trezzano o Baranzate. Lo stesso si dica per tutte le città che abbiamo strappato al PD, anche medio piccole. Non sono precisamente dettagli, quando in toscana fai un cinque a zero. No, dico, in Toscana. Poi capita che Mastella, uno che davano tutti per morto politicamente, vinca a Benevento. Ed allora non può essere un caso. E non lo è. Da sempre le Comunali sono l’inizio di un ciclo. Da sempre, almeno nella seconda Repubblica. Il 94 Berlusconiano nasce dalle Comunali a Roma. Le regionali del 99 mettono in crisi il Governo D’Alema. Nel 2011 i Referendum e poi le Comunali hanno segnato la fine del Berlusconismo come sistema di riferimento politico, spianando la strada ai due governi tecnici prima dell’attuale Renzismo. Le elezioni locali sono sempre locali, ma se sommate tra loro danno indicazioni sul clima. Oggi il Paese ha uno shock anafilattico da reazione allergica al Premier. Non lo sopporta, non lo vuole e reagisce malissimo a lui. Sul territorio ne fanno le spese figure come Fassino, accusabili di tutto, ma non di vicinanza col premier. Ci muoiono anche personaggi come Giachetti, che hanno dato tutto per una causa altrui. Persino, in certo modo, Lettieri ne è vittima: quelli di sinistra non votano a destra e piuttosto stanno a casa. I nostri no, i nostri vanno a votare contro. D’altronde, ad essere onesti, in venti anni abbiamo chiesto più voti contro che a favore. Ed oramai la mentalità prevalente è quella. A Roma e Torino si vota contro il PD. Renzi nega. Grillo concorda. Ma per quanto ad entrambi faccia comodo credere che l’elettorato Grillino sia maturo, è vero l’esatto opposto. È il fondo del barile diventato una forza inarrestabile grazie al livello bassissimo del liquido rappresentato dalla scarsa affluenza. Se l’acqua manca i sedimenti affiorano. E questi sedimenti mi paiono piuttosto limacciosi. Al premier fa comodo esaltarli. È la logica del tanto peggio, tanto meglio, del “aprés moi le deluge”.
Solo che, numeri alla mano, non pare funzionare benissimo. È mancato a Renzi il coraggio ultimo di cambiare nome al partito e lanciare l’Opa sui moderati. Coraggio che non avrà mai e che mai più avrà l’occasione di sfoderare. In Ottobre, che vinca o che perda, andrà a votare con una legge su misura per i Grillini. E ci consegnerà nelle mani di un gruppo di fanatici, pronti a tutto per un cambiamento purché sia. Il che include anche scenari apocalittici, che poi sono IL cambiamento per eccellenza. L’uomo qualunque, il produttore di ricchezza, pare infischiarsene beatamente. E se ne sta a casa, in attesa di poter tornare a lamentarsi beatamente. Il che è ironico e bellissimo allo stesso tempo. Se non fosse che in questo paese dobbiamo viverci anche noi che abbiamo capito dove finiremo.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,