Milano 26 Giugno – A volte le critiche da sinistra sulla sinistra sono talmente tranchant, che meritano di essere lette. Luca Fazio su Il Manifesto parla di Sala e, stranamente o se si vuole obiettivamente, trae molte delle conclusioni che l’elettore di centrodestra ha dedotto da tempo: Sala è antipatico a molti, la sua è una vittoria risicata e poco promettente, il PD di riferimento è un partito alla frutta. Ma rileggiamo i passi più significativi della testata “Il primo giorno da sindaco, niente note dolenti. Oggi si festeggia, si fanno promesse, bisogna cercare di farsi voler bene: “Se c’è una cosa che voglio, in ogni modo, è essere un uomo giusto”, questo il cinguettio d’esordio del neo sindaco di Milano. Che fa il paio con il primo incontro istituzionale annunciato: il cardinale Scola.
Meglio così, l’ex manager chiamato alla politica per puntellare un progetto già naufragato in fondo è l’unico che in queste ore si merita un po’ di pace. Sicuramente più della coalizione che lo ha sostenuto facendo scappare metà dell’elettorato milanese. Beppe Sala ha davanti a sé cinque anni per rendersi conto cosa significa governare Milano con metà della città che ha disertato le urne (dato storico) e con un risultato sul filo di lana (ci sono solo 17 mila voti di differenza tra i due manager che si sono contesi Palazzo Marino). Una maggioranza esigua che è risultata vincente grazie a chi ha votato non per lui ma contro il centrodestra.
Ma a parte Sala – archiviate le prese di distanza propagandistiche da Matteo Renzi – non sarà facile per Milano digerire il passaggio dalla “rivoluzione arancione” all’involuzione del Pd, un partito che governa all’ombra della madonnina proprio quando è in caduta libera. Più che un laboratorio d’avanguardia la città potrebbe diventare culla, anzi bara, di un esperimento politico già morto e sepolto dopo il voto di domenica scorsa. Per rianimare il centrosinistra, a questo punto ci vorrebbe un miracolo. L’ex manager però guarda avanti e si dà un orizzonte decennale per governare al meglio Milano, ma è un tempo che in una fase così confusa e di transizione può rappresentare un secolo.”
Con la consapevolezza a priori che con questo “laboratorio d’avanguardia la città potrebbe diventare culla, anzi bara, di un esperimento politico già morto e sepolto” Sala intende incollarsi alla sedia per dieci anni, gestendo una coalizione litigiosa che in parte non ha né stima né fiducia in lui, cercando continuamente mediazioni e compromessi. Perché questo succede quando si vince con l’unica prospettiva del potere, imbarcando chiunque, pur di raggiungere la maggioranza numerica.