Milano 27 Giugno – Beh, la domanda a questo punto dello spoglio (oltre il 90%) è un po’ oziosa, lo ammetto. Hanno scelto baratro. Proprio non riescono, gli amici Spagnoli, ad essere radicalmente diversi da noi. No, hanno anche loro la versione locale dei cinque stelle, anche se in terra Iberica le cose sono vagamente più serie e i compagni si fanno ancora chiamare compagni. Hanno anche una curiosa formazione di estremisti di centro, che contribuisce a frammentare il tutto. E niente, si è tornati a votare perché l’altra volta non aveva vinto nessuno. E nemmeno stavolta ha vinto nessuno. Qualcuno, in ogni caso, ha drammaticamente perso. Ha perso Podemos. Ecco, la sconfitta di Podemos ci dà un punto di vista squisitamente nuovo su un tema di stretta attualità in casa nostra: quanto a lungo si può andare prima di crescere? Mi spiego meglio: quanto a lungo si possono prendere in giro gli elettori con le consuete balle sul neoliberismo che affama i popoli, sulla finanza colpevole di tutto, sui diritti per tutti su tutto a prescindere da qualsiasi dovere? Eccetera. Le urne spagnole rispondono che dopo sei mesi in cui i sondaggi li davano strafavoriti, ci si è svegliati la mattina delle elezioni e le urne hanno contribuito a riportare sulla terra i fautori di una democrazia alla Grillo. Spese pagate da non si sa bene chi, attivismo fortemente incoraggiato a suon di denari pubblici e demagogia a go go. Ah, ovviamente, non chiamate populisti quelli di Iglesias. No, i populisti sono solo quelli che sbagliano i congiuntivi. Quelli che citano Che Guevara sono nobili guerrieri di un’ideale. Alla peggio, compagni che sbagliano. Pablito, in ogni caso, non sfonda al centro. Il quale centro, territorio naturale di Ciudadanos, è sfondato dai popolari che gli mangiano 8 deputati. No, gli estremisti di centro, estremamente propensi ad ogni accordo, purchè estremamente profittevole, ne escono maluccio. Il Partito Socialista tiene, pur perdendo cinque seggi, e rimane secondo partito. Bene, finita la disamina numerica, che cosa resta? Queste elezioni sono state un inutile esercizio di futilità, attenendosi unicamente ai rapporti di forza. Il Partito Popolare è sempre primo, quello Socialista sempre secondo, e via di questo malinconico passo. In questi sei mesi ci sono state delle interessanti novità, sul piano della politica. Rajoy è da sei mesi che parla di grande coalizione tra Popolari, Socialisti ed estremisti estremamente preoccupati che il loro centro estremamente fragile vada in extremis in pezzi. Finora i Socialisti, indignati hanno rifiutato.
Ma dopo un’analisi seria e serena del voto potranno ancora permetterselo? È difficile da credere, impossibile no, dopotutto la politica è l’arte del possibile e dello squallido, sopratutto, ma davvero, quale sarebbe l’alternativa? Un governo di frattaglie, organizzato da due perdenti, cioè Socialisti e Podemos, uniti ad una improbabile accozzaglia di indipendentismi? E per cosa poi, per fare sì che al primo raffreddore di un deputato si debba fermare il Parlamento perchè si va sotto per un nonnulla? Siate seri, compagni socialisti. O almeno provate ad esserlo. Se vi può servire, il Pd è un ottimo esempio. Di cosa non fare, ovviamente.
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,