Milano 2 Luglio – Il 52% dei votanti al referendum inglese del 23 giugno ha deciso che la Gran Bretagna deve lasciare l’Unione Europea. Secondo le analisi, a fare la differenza sono stati elettori di bassa istruzione, della working class, abitanti della periferia, della provincia o della campagna, maschi, e soprattutto anziani: la stragrande maggioranza degli over 65 si è schierata dalla parte del Leave. Segnando così una profonda frattura con i giovani, che invece hanno votato in massa per rimanere nell’UE.
I Paesi europei stanno invecchiando, è un dato. L’età media si alza ogni anno di più (nel 2002 in Italia era 41 anni, oggi è di 44). Mentre i giovani rimangono nello stesso numero, se non si riducono, gli over 70 aumentano vistosamente di anno in anno. Nel 2002, sempre in Italia, ci sono 130 anziani ogni 100 giovanissimi, oggi sono più di 160. Tra quindici anni, in teoria, la popolazione anziana sarà il doppio di quella giovane. Impossibile pensare che questo non abbia un fortissimo impatto su qualsiasi aspetto. Non solo quelli, lampanti, previdenziali e sanitari; anche e soprattutto influenza gusti, cultura, mode, alimentazione, scienza, politica. Un Paese vecchio arriva in ritardo sulle nuove tecnologie; è letteralmente ossessionato dal cibo salutare e dalle discipline “della lunga vita”, per affrontare al meglio la fisiologica (ormai) lunghissima vecchiaia; ha figli sempre più tardi, trovandosi poi distante da loro di generazioni; si trova in difficoltà a fornire una risposta inedita al nuovo in continuo mutamento; sarà in generale poco dinamico, tendenzialmente conservativo. Sara più saggio, forse, e con il vigile sguardo di chi ha fatto tesoro del passato -la memoria storica che evita il ripetersi degli errori. Ma non può andare avanti.
Dall’altro lato, in questo momento storico sta accadendo qualcosa di veramente insolito. Pare che la cosiddetta generazione Millenial, che comprende i nati da inizio anni Ottanta a inizio Duemila quindi i giovani dai diciottenni ai poco più che trentenni, abbia più cose in comune con la generazione della guerra, quella dei nonni. E che si senta lontana non solo da quella dei genitori, gli ex baby boomers del miracolo economico, ma ancora di più da quella immediatamente precedente, la generazione X dei quaranta/cinquantenni passata attraverso l’euforia e il crollo di valori anni ’80. Questa vicinanza giovani-anziani era saltata all’occhio durante le primarie democratiche americane: il voto per il candidato Bernie Sanders (classe ’41) è stato, a grande sorpresa, prevalentemente giovanile. Non solo per merito dello spirito anti-sistema, che sicuramente in politica fa più breccia nei giovani, ma grazie alla sensibilità e al linguaggio di chi conosce la crisi.
Così lontani così vicini: giovani e anziani hanno conosciuto un mondo in stravolgimento, con grandi guerre mondiali, incerto. Sono stati costretti a ridimensionarsi, reinventarsi, vivere durante le ristrettezze economiche. Danno grande peso all’essenziale, ai valori, alla semplicità. Hanno una sensibilità comune che le generazioni di mezzo non possono afferrare appieno. Se si parlassero di più, anche alla luce del crescente peso degli anziani nella nostra società (che come abbiamo visto possono influenzare le sorti di un Paese), colmerebbero probabilmente le differenze di vedute che li vedono così divisi in questo ultimo voto inglese. E soprattutto insieme contribuirebbero a veri passi avanti: possono collaborare, devono collaborare usando come base questo terreno condiviso. Né è un paese per vecchi, insomma, né il mondo è dei giovani: capirsi adesso, nonostante le apparenze, è più facile che mai.
Francesca Del Boca
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