Addio al premio Nobel per la Pace Elie Wiesel: sopravvissuto alla Shoah

Cultura e spettacolo

Milano 4 Luglio – E’ morto all’età di 87 anni lo scrittore americano di origine romena Elie Wiesel. Sopravvissuto alla Shoah, nel 1986 ricevette il premio Nobel per la Pace per il suo impegno atto a favorire la convivenza tra i popoli e contro qualsiasi discriminazione. Nel 1992 Wiesel fondò, a Parigi, l’Académie universelle des cultures. Tra i suoi libri più noti, “Notte”, pubblicato nel 1958.

E’ il suo nome, con quello di Primo Levi, quello che più naturalmente viene in mente tra i testimoni della Shoah. Dramma raccontato in 57 libri, conferenze, reportage, due lavori teatrali e due cantate che nel 1986 gli valsero il Nobel per la Pace.

Secondo il New York Times, il suo vero merito fu per il vuoto che aveva riempito facendo emergere l’enormità del genocidio: per quasi due decenni dalla fine della guerra, i sopravvissuti sotto trauma e gli ebrei americani pieni di sensi di colpa sembravano pietrificati nel loro silenzio. “Elie Wiesel ha insegnato a non restare in silenzio di fronte all’ingiustizia”, ha detto il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder, definendo lo scrittore “un faro di luce” nei confronti del quale il mondo ebraico “ha un enorme debito di gratitudine”.

Tra i primi a esprimere cordoglio è stato il premier israeliano Benjamin Netanyahu: “Ha dato espressione alla vittoria dello spirito umano sulla crudeltà e il diavolo”. Wiesel aveva uno strettissimo rapporto con Barack Obama, con cui aveva parlato a Buchenwald, il campo da cui era stato liberato a 18 anni, il tatuaggio indelebile A-7713 impresso sul braccio destro. “Era una delle grandi voci morali dei nostri tempi e, per molti versi, la coscienza del mondo”, lo ricorda oggi il presidente Usa.

Eliezer ‘Elie’ Wiesel, che ha visto gli ultimi anni della sua vita amareggiati dall’esser stato truffato dal finanziere Bernie Madoff, era nato nel 1928 nella città rumena di Sighet in una famiglia hassidica, la cui vita fu sconvolta nel 1940 quando l’Ungheria annesse la città e costrinse gli ebrei a chiudersi nel ghetto. Elie finì con il padre nel campo di lavoro di Buna Werke, un sotto-lager di Auschwitz, per otto mesi prima di esser trasferito in altri campi verso la fine della guerra.

Attirò per la prima volta l’attenzione mondiale nel 1960, quando la sua autobiografia “Notte” venne tradotta in inglese. Elie aveva scritto dei suoi sensi di colpa per essere sopravvissuto e dei dubbi che lo tormentavano su un Dio che aveva permesso tutto quel massacro. I suoi libri scavavano sulle grandi questioni emerse dall’Olocausto: il senso della vita in un universo che ha permesso qualcosa di così crudele. E qual è il senso di un mondo che è rimasto muto? Come si può continuare a credere? Tante domande, ma poche, rare, incomplete risposte. (tg.com)

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