Milano 4 Luglio – Il dolore non può diventare un rito, un copione da seguire con frasi di circostanza, sperando che non accada di nuovo sapendo che non sarà così. L’Isis a Dacca ci ha portato via genitori, figli, fratelli, mogli e mariti oltre a una futura mamma. Ci ha lasciato fondamentalisti in estasi e sciacalli marxisti al pascolo nel web festeggiare la morte degli «imprenditori» andati a lucrare in Bangladesh quali sfruttatori di povera manodopera. Tutto inaccettabile, ignobile e vergognoso. Come lo è continuare a girare attorno alla questione madre: è una strage ispirata e motivata dalla lettura fondamentalista dell’Islam. Le cronache narrano di un eccidio compiuto ai danni di quanti non fossero in grado di recitare brani del Corano. Il libro religioso dell’Islam, in certi passi, è molto chiaro quando impone di colpire i miscredenti «tra capo e collo». C’è dunque un’ aggressione culturale, che si traduce in mattanza fisica e può colpire chiunque in qualsiasi momento, dalla discoteca all’aeroporto, dal ristorante alla redazione di un giornale. Il fattore religioso è lì, presente e ben di fronte a noi, e determina vite e azioni di quanti non hanno osservato il nostro percorso di civiltà, che vede il rispetto della laicità, della donna, dell’esistenza. Per questo non possiamo combattere una guerra con la retorica. I «valori», la «civiltà» di cui Matteo Renzi si è precipitato a parlare ieri non sono lo stampiglio per un biglietto da visita, visto che poi si è pronti a cancellare il nostro umanesimo al primo refolo di vento.
Coprendo le statue dei Musei Capitolini, non ponendosi una domanda quando il Papa abbraccia l’Imam sunnita dell’Università Al Azhar che aveva inneggiato ai kamikaze palestinesi. Oppure dal partito, come ha fatto il Pd a Milano, l’esponente sufi, dunque di una dimensione islamica dialogante che riconosce la laicità, Maryan Ismail per sostenere in campagna elettorale Sumayan Abdel Quader, già leader di un’associazione studentesca ricollegabile ai pericolosi Fratelli musulmani. Non si difende la nostra civiltà cancellando i festeggiamenti del Natale dalle scuole né separando dalla questione migratoria il problema religioso e le sue ripercussioni da qui ai prossimi decenni. Non si difende la nostra civiltà fingendo che non esista un «noi» e un «loro». Esiste, eccome. Voltate pagina.
Gian Marco Chiocci (Il Tempo)
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