Quello in cui Sala non sarà Pisapia

Attualità Milano

Milano 4 Luglio – Al di là dei nomi in giunta, comunque in gran parte legati alla precedente e disastrosa amministrazione, che Sala sarà posseduto, se non dallo spirito, quantomeno dalla maggioranza di Pisapia e governerà in assoluta continuità con il suo predecessore si è visto fin da subito, quando, appena eletto sindaco, come primo problema di Milano, ha individuato (ma non risolto) quello delle quote rosa e della parità di genere nell’amministrazione della città (chissà che ne pensano gli estremisti islamici ai quali ha chiesto il voto…): che poi è quello di cui tutti i milanesi sentivano l’esigenza, perché, se un ciclista cade in una voragine e si rompe una gamba, il danno è meno grave se nell’amministrazione c’è “parità di genere”, quindi ben vengano questi discorsi e al bando la manutenzione del manto stradale.
Del resto, nella sinistra milanese di problemi di “quote rosa” devono intendersene, visto che, in due edizioni delle primarie di coalizione, rispettivamente nel 2011 e nel 2016, su un totale di otto candidati, si è vista soltanto una donna, nel 2016, la signora Balzani, mentre il primo e fino ad ora unico sindaco del gentil sesso (sperando che la definizione superi la censura boldriniana e non sia tacciata di sessismo) nella storia cittadina è stata Letizia Moratti, scelta dal centrodestra, che chiacchiera poco e agisce molto, per ben due volte.
Quanto alla giunta, come anticipato, molti assessori, pur con un gioco della sedia che neanche nella prima repubblica, sono ancora gli stessi dell’amministrazione appena conclusa: e se la Sig.ra Rozza, che pure tra buche stradali non rattoppate e riunioni carbonare con la claque arancione spacciate per “partecipazione” ha molto deluso come assessore ai lavori pubblici nella fase conclusiva della precedente amministrazione, come assessore alla sicurezza è tutto sommato un piccolo miglioramento per la sua maggior concretezza e praticità rispetto ai venditori di fumo e ideologia, Maran all’urbanistica, Granelli alla viabilità e Majorino confermato nel precedente ruolo sono, potenzialmente, il disastro assoluto.
Insomma, se molti pensavano che Sala sarebbe stato Pisapia, oggi si può affermare che Sala è davvero Pisapia.
Però, c’è una cosa in cui Sala non può essere e non sarà Pisapia: infatti, il secondo, oltre a propinare loro un sacco di chiacchiere inconsistenti, ha rivenduto ai milanesi come meriti suoi tutte le grandi opere realizzate dalle precedenti amministrazioni, un po’ come un corvo che si fa bello con le penne altrui.
Sala, invece, potrà sicuramente stordire i milanesi con il consueto effluvio incontrollato di boiate eque, solidali, multiculturali, inclusive, partecipative e ciclabili, tanto costose, quanto inconcludenti, che caratterizzano le amministrazioni ad alto contenuto di ideologia collettivistica, ma non avrà un nastro concreto da tagliare che sia uno.
Non potrà, innanzitutto, vendere come propria una linea della metropolitana, perché chi l’ha preceduto non solo non ha progettato e messo in opera alcuna linea (la M4 non è comunque farina dell’amministrazione Pisapia), ma neppure ha allungato di una stazione le linee esistenti. Tutti i prolungamenti sono, ancora una volta, frutto del lavoro di chi ha preceduto Pisapia. Certo, se il discepolo dichiarato di Berlinguer (!) Granelli proseguirà l’opera di Maran, l’ex Commissario Unico Expo nonché ex braccio destro di Letizia Moratti potrà bullarsi di aver vessato con bieco sadismo gli automobilisti, ma tali vittorie puramente ideologiche, alla fine, interessano più i militanti che non i semplici cittadini. Ai quali si può vendere una nuova linea della metropolitana come propria, ma non si può vendere il niente assoluto come nuovo mezzo di trasporto.
Ugualmente, non ci sarà un grande evento di rilevanza internazionale come per Pisapia è stato Expo, di cui s’è preso i meriti al punto che la sua stessa coalizione ne ha candidato a sindaco il commissario unico, nonostante gli arancioni, il PD e tutte le frattaglie più o meno civiche di sinistra fossero ferocemente contrari alla manifestazione che, tanto per cambiare, era stata conseguita per volontà del sindaco Moratti, su un’idea dell’attuale consigliere di opposizione De Pasquale.
Perfino la Darsena, che è stato uno dei (presunti) fiori all’occhiello degli arancioni, a ben vedere, non è tutto merito loro, visto che l’idea della riqualificazione (era il porto commerciale di Milano, attivo fino al 1979) era nata sotto le amministrazioni di centrodestra e il lungo periodo di degrado è stato dovuto ad un contenzioso instauratosi con l’impresa concessionaria dei box e vinto dal Comune del Milano nell’autunno del 2011, quindi pochi mesi dopo l’insediamento di Pisapia e compagni: pertanto, la versione secondo cui il centrodestra avrebbe lasciato per anni la darsena preda dell’incuria senza motivo non è veritiera e la “liberazione” (se non mettono il cappello ideologico…) vantata dal sindaco arancione nella primavera 2015, quindi comunque quattro anni dopo la chiusura del contenzioso con le imprese, sfrutta, ancora una volta, anche il lavoro svolto dalle amministrazioni di centrodestra.
E, ancora, si dovrebbe parlare della “cattedrale nel deserto”, come veniva chiamata dalla sinistra milanese prima dell’enorme successo che ha ottenuto non appena inaugurata, Piazza Aulenti, con tutta la riqualificazione di Porta Nuova: non potrà Sala, con tutta la coalizione che si porta dietro la quale per anni ci ha ammorbato con il noto refrein su speculazione e cementificazione salvo poi provare nei manifesti elettorali a gabellare il gran successo dell’area come proprio, vendere qualcosa di simile nato sotto la precedente amministrazione. E questo per un semplice motivo: nulla del genere è stato concepito durante il disgraziato quinquennio di Pisapia.
Come, per l’appunto, nulla in generale, se non un sacco di fumo dai nomi altisonanti e suadenti, è stato concepito per cinque anni.
Su questo terreno, quindi, la reincarnazione di Pisapia dovrà davvero vedersela con l’elettorato, perché non potrà affiancare opere tangibili e concrete al fumo ideologico: il che dovrà essere il punto di partenza per l’attuale opposizione per trovare un’organizzazione e far vedere ai milanesi chi davvero aveva lavorato per loro e chi si era occupato solo di far trionfare i propri preconcetti e compiacere la propria claque. In altre parole, Sala è Pisapia, ma con un’arma (impropria) in meno, bisognerà approfittarne per riuscire a convincere i milanesi che è meglio un’amministrazione che ripari le buche stradali e costruisca metropolitane ad una che millanti di organizzare “politiche di integrazione” che si trasformano, quando va bene, in feste di quartiere abborracciate in qualche modo.

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Alessandro Barra

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