Milano 16 Luglio – Il 12 luglio scorso gli assessori Rozza e Majorino, a seguito di un invito molto caloroso, praticamente un diktat, hanno partecipato ad un incontro con una serie di sigle che rappresentano, a vario titolo, il mondo dei ROM milanesi, sul tema dei problemi evidenziati dalla comunità, a partire dall’approssimarsi della scadenza degli appalti di gestione dei centri d’accoglienza.
Sul punto, si potrebbe innanzitutto discutere come nel suddetto “invito” si legga che “I cittadini italiani di etnia rom residenti a Milano hanno attivamente partecipato al voto per la nuova amministrazione, consapevoli di volere un percorso di inclusione condiviso e positivo”, il che sinceramente lascia un po’ perplessi, sembra che gruppi militarizzati di elettori passino all’incasso.
In secondo luogo, ci si potrebbe domandare come mai, nonostante il dichiarato impegno, anzi, l’abbraccio (Vendola dixit), della precedente amministrazione nei confronti dei ROM, si sia ancora in una situazione di emergenza.
Ma andando oltre, l’aspetto inquietante, che marca ancora una volta la (pessima) continuità tra l’amministrazione Pisapia e quella Sala, è un altro: detto che se i ROM sono cittadini hanno il diritto come chiunque di avanzare le loro istanze all’amministrazione, un po’ meno normale è che quest’ultima presti ascolto soltanto a loro e ad altre associazioni che rappresentano minoranze, molto strutturate ed agguerrite, che le fanno da claque.
Quando i cittadini della zona nord di Milano, all’ennesima esondazione del Seveso, lamentarono la circostanza che il Comune non solo, in quattro anni, non aveva mosso un dito nonostante i roboanti e tonitruanti proclami prima delle elezioni e le sguaiate piazzate da avanspettacolo inscenate da Maran e Majorino contro la Moratti durante l’amministrazione di quest’ultima, ma addirittura non forniva più neppure i sacchi di sabbia per cercare di arginare l’avanzata delle acque, le sprezzanti risposte dell’attuale assessore all’urbanistica furono “di non usare l’auto” (unico problema a cuore dell’amministrazione arancione) e, in un crescendo di arrogante disprezzo per le esigenze reali dei propri amministrati, che “tanto l’acqua del Seveso non è tossica”.
Del resto, mancavano i due milioni di euro necessari per ripulire l’alveo del fiume, la giunta Pisapia aveva preferito spenderne sette per realizzare la ciclabile intorno al parco Sempione già ciclabile di suo (eliminando anche una preferenziale ATM), oltre ai trecentomila euro investiti per ogni “domenica ecologica”, pedante prassi da stato etico reiterata mensilmente per ben tre anni.
Ma si può anche pensare alle proteste dei commercianti di Porta Venezia, già duramente provati dai due anni di caos (con, tanto per cambiare, eliminazione definitiva di stalli di parcheggio) in viale Tunisia determinati dalla (infinita) realizzazione della ciclabile “ad ostacoli”, monumento all’incompetenza delle amministrazioni di sinistra o alla loro volontà dirigistica di obbligare i milanesi a restare in perfetta forma atletica: gli esercenti, infatti, avevano osato protestare contro il degrado determinato dalla presenza di decine di clandestini abbandonati all’addiaccio lungo viale Vittorio Veneto su ciò che resta dei bastioni, dove la situazione igienica è tale da render invivibile la zona e danneggiare il commercio. Ovviamente, senza ottenere riscontro alcuno dal Comune.
In compenso, però, proprio in quei giorni, quei commercianti sono stati oggetto di severissimi controlli da parte di quei vigili che, come da espresse richieste da parte dell’allora assessore Granelli, di abusivismo non si occupano. Si occupano, però, a quanto pare, di vessare chi lotta ogni giorno contro una burocrazia ipertrofica e contraddittoria per cercare di essere il più regola possibile (del tutto è impossibile, viste le contraddizioni nelle regole e la ridda di possibili interpretazioni), assumendosene tutti i relativi costi.
E ancora, va ricordata la grottesca vicenda della riqualificazione, laddove per “riqualificazione” (traducendo dal lessico arancione) si intende vessazione dell’automobilista quale soggetto alieno alla società, fobico e affetto da turbe psichiche, di Piazza Oberdan, a seguito della quale per voltare a sinistra in via Vittorio Veneto provenendo da Corso Venezia si rischia di imboccare per errore corso Buenos Aires contromano e, non bastasse, sono state sfrattate in malo modo storiche attività per realizzare spazi “collettivi” destinati alle solite boiate ideologiche tipiche della sinistra, come esibizioni culinarie di “cuochi migranti” (perché in città mancano ristoranti delle varie etnie, notoriamente…) e altre grottesche iniziative simili: il progetto della riqualificazione avrebbe dovuto essere discusso in una pubblica assemblea secondo quanto affermato dall’Assessore Rozza, ma quando si è scoperto che avrebbero partecipato comitati di cittadini contrari al progetto (soprattutto per le difficoltà viabilistiche e di parcheggio che avrebbe creato in uno snodo così importante), i quali per altro si sarebbero presentati con un progetto alternativo redatto gratuitamente dall’Arch. Seregni, l’assemblea non è stata ufficialmente indetta, salvo poi svolgersi, in modo carbonaro e alla presenza soltanto delle associazioni amiche (impegnate esclusivamente ad applaudire) e ciclo militarizzate, in un albergo. Escludendo, quindi, ogni forma neanche di contestazione, ma semplicemente di proposta alternativa, considerata indegna perfino di essere ascoltata in quanto non proveniente dall’alto.
E gli esempi potrebbero essere molti altri, basti pensare alla fatica dei commercianti del centro per ottenere che Area C, una sera a settimana, terminasse la sua infame opera di salasso nei confronti dei cittadini con un’ora di anticipo, in modo da consentire l’accesso alle attività commerciali al suo interno anche a chi, per qualche esigenza che l’amministrazione Pisapia non ha mai voluto considerare se non per qualificarla come indegna e figlia di compulsioni antisociali, deve muoversi in auto: c’è voluta una durissima lotta nella quale si è anche inserita una squadristica operazione di boicottaggio condotta sui social network da parte di alcuni fanatici ciclo militarizzati, autentici pasdaran della rivoluzione arancione, nei confronti degli esercenti che si erano macchiati della gravissima colpa di provare a difendere il proprio lavoro.
Tutto questo evidenzia bene quale sia la tragica e reale natura del concetto di “partecipazione” sbandierato in campagna elettorale da Pisapia e che ora prosegue con l’amministrazione Sala.
La presunta partecipazione, stucchevole, per quanto elegante, vaniloquio che ormai da anni stordisce i milanesi, cela una gestione della città che risulta essere un curioso (e distruttivo) esperimento di commistione tra gestione feudale e piani quinquennali di stampo sovietico: infatti, come già denunciato in molte occasioni, le esigenze concrete e reali della cittadinanza vengono ignorate con supponenza, quando va bene, e fatte oggetto di sberleffi, disprezzo e ritorsioni quando va male, perché chi amministra ha già deciso aprioristicamente che cosa serva a Milano, secondo criteri non di utilità, ma di valore astratto (“è giusto”, “è sbagliato”), oltre che anacronistico (nella migliore delle ipotesi, si è fermi a vecchie utopie sessantottarde), e procede con questi suoi progetti come un infernale schiacciasassi: ciò che avveniva coi piani quinquennali in Unione Sovietica.
Gli unici soggetti, poi, che possono “partecipare” a questo inquietante processo sono i fedeli vassalli dell’amministrazione (associazionismo Rom, associazioni islamiche radicali, galassia antagonista e dei centri sociali, ciclo fanatici, associazioni omosessualiste, associazioni di chiacchieroni in materia di presunte discriminazioni, ecc.), purché si comportino da claque perfettamente addestrata alla quale vengono poi elargite attenzioni precluse ai cittadini non militanti.
Questi ultimi, per quanto maggioranza, utili soltanto per esser rieducati e diventare testimonianza vivente della vittoria ideologica del feudatario, vengono imboniti con chiacchiere e iniziative estemporanee e a loro spese, come la famosa risottata “arancione” nelle piazze della città di fronte a maxischermi in cui, nel giugno 2011, fu trionfalmente trasmessa la prima seduta del nuovo consiglio comunale (ma non quelle subito successive in cui furono deliberati l’introduzione dell’Area C e l’aumento del 50% del costo del biglietto ATM). In pratica, l’unica, inconsistente e fallace estrinsecazione della “partecipazione” secondo le amministrazioni di sinistra, che considerano le esigenze concrete quali manifestazioni di rozza e retriva arretratezza culturale.
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Alessandro Barra
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