Cara vecchia Milano: L’obelisco di San Glicerio

Vecchia Milano

Milano 22 Luglio – Milano, la sua storia lo racconta, è una città che, da quando esiste, è sempre stata in perenne fermento e cambiamento, anche sul piano prettamente architettonico e urbanistico: vuoi perché sono passati infiniti dominatori, vuoi perché fu pressoché distrutta dal Barbarossa (e subito ricostruita dai milanesi), vuoi perché comunque per quasi due secoli è stata una città dalla forte vocazione industriale e produttiva, vuoi perché, mancando materie prime utili all’edilizia, era necessario riciclare i materiali già utilizzati per precedenti edifici (per costruire l’arena civica furono saccheggiate le pietre che componevano il Castello di Bernabò Visconti a Trezzo sull’Adda), vuoi per la laboriosità che da sempre contraddistingue i suoi cittadini (e che spesso “coinvolge” anche gli immigrati che a loro volta si ingegnano a diventare imprenditori), vuoi per quella tendenza al progresso e apertura verso le più moderne tendenze internazionali che l’hanno sempre resa un laboratorio culturale in perenne ebollizione.

Insomma, Milano è stata oggetto di continue e reiterate rivoluzioni architettoniche e urbanistiche succedutesi a ciclo continuo, e sempre nel giro di pochi decenni.

Tuttavia, nonostante ciò, la città conserva moltissime tracce del suo passato, quasi sempre poste talmente in bella vista che nessuno le nota obelisco4e, considerandole parti integranti dell’arredo urbano, neppure si domanda cosa rappresentino.

E’ questo il caso dell’obelisco di San Glicerio: almeno una volta nella vita, tutti i residenti in città devono averlo visto, probabilmente la maggior parte della gente ci ha girato intorno in automobile, visto che, secondo la logica molto milanese per cui tutto deve avere una funzione utile e pratica, da anni è utilizzato come coppa giratoria nella piccola rotonda che c’è all’incrocio tra la lussureggiante via Marina e l’elegantissima via dei Boschetti.

Già, un semplice manufatto ad uso e consumo della viabilità: per carità, se le infrastrutture che regolano il traffico sono realizzate con elementi storici e decorativi, in fondo, può non essere un male, la città ha più decoro, però la maggior parte dei milanesi ignora che questo obelisco è una importante vestigia del passato cittadino e racconta non una, bensì due storie: quella del Bottonuto e quella dei “Boschetti”.

Infatti, l’obelisco di San Glicerio è, probabilmente, l’unica vestigia del quartiere del Bottonuto, di origine medioevale e di cui oggi non rimane più nulla. L’origine del toponimo pare da individuarsi in “butin – ucum”, un’opera idraulica di convogliamento delle acque del Seveso risalente ai tempi di Nerone, ma è solo la più accreditata di tante teorie, e il quartiere si sviluppava, pressapoco, tra via Larga e piazza del Duomo, dove oggi sorge Piazza Diaz.obelisco2

Le cronache dell’epoca narrano di un quartiere sudicio e malfamato, in cui le attività principali erano i postriboli di infimo livello (uno dei quali, si dice, frequentato anche dall’anarchico Bresci), popolato da venditori ambulanti e vagabondi di ogni risma. Il tutto in un contesto di scarsa pulizia e igiene. Però, parlano anche di un quartiere pittoresco e popolare e molti anziani, che lì sono nati e cresciuti, tuttora ricordano con simpatia l’umanità intensa e lo spirito di solidarietà che si respirava in quei miserabili angiporti.

L’accesso principale al Bottonuto avveniva da via Larga e, proprio lì, dal 1606 si ergeva l’obelisco votivo, realizzato in granito rosso di Baveno e sormontato da una croce (ora non più esistente), di San Glicerio (vescovo di Milano del V sec.), eretto per consentire alle persone di pregare, in occasione delle pestilenze, affacciati alle finestre, senza quindi doversi riunire in strada o in Chiesa, e benedetto dal Cardinal Federigo Borromeo nel 1607.

Oggi, come detto, il Bottonuto non esiste più: tra gli anni trenta e sessanta del ventesimo secolo è stato sventrato nell’ambito di una serie di progetti, mai completati, che avrebbero dovuto portare alla costruzione di una direttrice in grado di collegare Piazza San Babila a via Vincenzo Monti, abbattendo interi quartieri al posto dei quali sarebbero dovuti sorgere parcheggi, grandi alberghi e attività commerciali varie.
c563e1f4-4476-4118-82cf-b79ff952db3fLa “racchetta”, così si chiamava questo progetto in nome del quale fu abbattuta anche la Chiesa Valdese di San Giovanni in Conca (di cui rimane l’abside nell’originaria collocazione di Piazza Missori, nonché la facciata ricostruita in via Francesco Sforza nella nuova Chiesa Valdese), non fu mai realizzata, ma il Bottonuto fu totalmente raso al suolo.

L’obelisco di San Glicerio, però, unica vestigia del distrutto quartiere, si salvò, perché, dalla fine del diciottesimo secolo, non ne era più all’ingresso, bensì era stato trasferito nella collocazione attuale per volontà del Piermarini: chiaramente, all’epoca non era stata voluto come coppa giratoria di una rotonda per automobili, ma quale ornamento ai “Boschetti”, cioè quel viale, di cui rimane il toponimo nella corta ed elegante strada che collega l’attuale Corso Venezia a Via Marina passando dietro al Palazzo del Senato, da percorrere a piedi o in carrozza, che collegava il naviglio della fossa interna (attuale via Senato) ai nuovi giardini pubblici appena realizzati. Si trattava di un elegante viale – del resto la via Marina è tuttora tale oltre che ricca di vegetazione – ornato con due serie di cinque file di alberi allineati secondo la lunghezza della strada, ma sfalsati rispetto alla larghezza. Circa a metà percorso, dove i Boschetti piegavano leggermente a nord, fu collocato l’obelisco di San Glicerio, dopo che il basamento era stato sostituito da uno maggiormente imponente e la croce sulla sommità da un sole raggiante (tuttora esistente).

La nuova sistemazione della zona piacque, tanto che la famiglia Belgiojoso già nel 1790, a circa tre anni dalla realizzazione dei boschetti, acquistò il terreno adiacente ed edificò quella che oggi è nota come Villa Reale e che sarebbe stata, di lì a poco, anche la residenza meneghina di Napoleone, mentre i Giardini Pubblici furono ampliati, divennero sede di eventi e istituzioni e oggetto di continue migliorie.01-obelisco-via-marina-672x372

Un evento atmosferico nel 1872 danneggiò irreparabilmente i Boschetti, che furono risistemati “all’inglese”, cioè in modo più libero e meno schematico, e così sono pervenuti ai giorni nostri: la strada riprese l’antico nome di via Marina e l’obelisco di San Glicerio, oltre a portare con sé quasi due secoli della millenaria storia del Bottonuto, testimonia, osservato da vicino da un distributore di carburanti diventato anch’esso ormai storico, il glorioso passato di questa zona che, tutto sommato, non è cambiata poi così tanto con il trascorrere dei secoli.

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