Milano 23 Luglio – Il giorno dopo aver decretato lo Stato di emergenza, Recepp Tayyp Erdogan sospende la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e approfondisce il conflitto con l’Unione europea, che, di fronte all’ondata di arresti ed epurazioni, si chiede ormai quale direzione stia prendendo la Turchia dopo il fallito golpe. È Berlino a lanciare un nuovo appello ad Ankara, chiedendo punizioni proporzionate a quanto accaduto e di evitare una caccia alle streghe. Lo stato d’emergenza, che consente al governo di governare per decreto, ha spiegato il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, «deve essere limitato al tempo necessario e poi revocato immediatamente. Prolungarlo significa indebolire la Turchia sia all’interno che all’esterno». Steinmeier ha chiesto quindi ad Ankara di «rispettare i principi dello stato di diritto» e di «mantenere la giusta misura delle cose» ed evitare la caccia alle streghe. Non è lo Stato, ma il popolo ad aver preso questa decisione», ha reagito il premier turco Binali Yildirim a margine della seduta del Parlamento turco che, con 346 voti a favore e 115 contrari (su 550 deputati complessivi), ha decretato lo stato di emergenza per 90 giorni. «Il nostro popolo ha dato vita a una saga in difesa della democrazia e della libertà, dimostrando che i carri armati non erano sufficienti a fermare la gente», ha aggiunto Yildirim, sottolineando che l’obiettivo primario è ora l’eliminazione di tutti “i residui” di Fetullah Gulen nel Paese, operazione necessaria a decretare la «completa vittoria del potere del popolo». Quanto al congelamento dei diritti umani, Ankara fa sapere che «lo ha fatto anche la Francia» per difendersi dal terrorismo.
La repressione prosegue e anche le «confessioni». Le responsabilità dell’imam Fethullah Gulen nel tentativo di golpe sarebbero state ammesse da alcuni alti ufficiali arrestati e interrogati dalle autorità turche. Il tenente colonnello Levent Turkkan, aiutante del generale Hulusi Akar, avrebbe in particolare raccontato del suo collegamento al gruppo di Gulen. Turkkan ha detto di essere fedele fin dalla gioventu’ al «Feto»: «Sono un membro dello stato parallelo, o Feto. Ho servito questa comunità per anni volontariamente. Ho obbedito con precisione agli ordini e alle istruzioni degli anziani». Turkkan avrebbe inoltre confessato di avere spiato l’ex capo di stato maggiore Necdet Ozel tra il 2011 e il 2015. «Lo spiavo tutto il tempo. Gli mettevo una cimice nella stanza al mattino e la ritiravo la sera. L’apparecchio aveva un’autonomia e una capacita’ di registrazione di 10, 15 ore». La stampa, mai gradita a Erdogan, è più sotto pressione che mai. Ieri sono stati arresti due giornalisti: Sibel Hurtas, del magazine Al Monitor, poi rilasciata, e l’editorialista del quotidiano Ozgur Dusunce, Orhan Kemal Cengiz. Cengiz è stato arrestato con la moglie. I tre sono stati in un primo momento portati presso la questura centrale di Vatan Caddesi. Se l’Unione europea protesta, Erdogan trova una sponda in quello che fino a qualche giorno prima del golpe era un suo nemico, Vladimir Putin. Lo stato di emergenza in Turchia «è un affare interno» del Paese, ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aggiungendo di non essere a conoscenza delle informazioni secondo le quali la Russia avvisò la Turchia che si stava preparando un golpe. L’altra sponda arriva dall’Occidente, e si chiama Donad Trump: «Ritengo che non abbiamo il diritto di impartire lezioni – ha detto – guardiamo cosa succede nel nostro Paese, come possiamo impartire lezioni quando abbiamo persone che sparano ai poliziotti a sangue freddo?».
Francesca Mariani (Il Tempo)
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