Milano 29 Luglio – L’Italia, Milano, la terra della speranza delusa, il luogo in cui sentirsi un nessuno, senza nome, senza patria. Parlare dei sentimenti di coloro che stanno dall’altra parte della barricata, discussi, mal sopportati, a volte disprezzati, non è facile. Soprattutto se sono stati cacciati anche dai Centri d’accoglienza, se ciondolano per la città con la consapevolezza di un tempo che si ripete sempre uguale, con minime prospettive per il futuro. Denuncia Il Giornale “Gli accampamenti di profughi ridisegnano la geografia urbana di Milano. L’ultimo gruppo di migranti allo sbando si è sistemato in piazzale Susa, nella zona semicentrale fra le vie chic intorno a corso Indipendenza e il quartiere popolare dell’Ortica. Si tratta di una trentina di africani, che da una settimana trascorrono le ore centrali del giorno a ciondolare sulle panchine del parco pubblico che segna l’inizio di viale Argonne, nel traffico convulso della circonvallazione esterna. Sono stati espulsi dal centro di via Corelli, conferma la Prefettura, dopo la rivolta scatenata due settimane fa per richiedere migliori condizioni di vita e un’accelerazione nelle procedure per il rilascio di documenti. Provengono dall’Africa subsahariana: Mali, Senegal, Camerun, Costa d’Avorio. Con l’eccezione di due donne, sono tutti ragazzi fra i venti e i trent’anni, perlopiù richiedenti asilo o in attesa di essere convocati davanti al giudice per conoscere l’esito del ricorso contro una sentenza sfavorevole.”
Una situazione che pone molte domande, ancora una volta, sull’accoglienza senza limiti, sulle lungaggini della burocrazia, sulla mancanza di una strategia ragionata, sull’assenza di una volontà che risolva all’origine il fenomeno, sull’eterna emergenza che richiede pressanti soluzioni temporanee. Una donna denuncia “«Nei campi profughi c’è molto razzismo: gli arabi sono favoriti, più è scura la tua pelle meno diritti hai». E Il Giornale commenta “Se è difficile accertare l’incidenza di questi «favoritismi», è certo che la situazione di Christine è delle peggiori. In tutta la Lombardia i richiedenti asilo sono quasi diciottomila: a Milano la situazione è al collasso e l’apertura del campo base di Expo, a settembre, non garantirà più di centocinquanta posti letto. Nonostante l’assessore al Welfare Pierfrancesco Majorino moltiplichi le promesse d’intervento, gli africani di piazzale Susa raccontano che nessuno, in sette giorni, si è fatto vivo con loro: non il Comune, non le autorità sanitarie, non la polizia.”
Ma le parole di Sala sono chiare “Milano diventerà la capitale dell’accoglienza”, per quel distorto e deleterio idealismo che è la negazione del rispetto e della dignità altrui. Quante parole sprecate, quante promesse inutili, quanta presunzione…
Soggettista e sceneggiatrice di fumetti, editore negli anni settanta, autore di libri, racconti e fiabe, fondatore di Associazione onlus per anziani, da dieci anni caporedattore di Milano Post. Interessi: politica, cultura, Arte, Vecchia Milano