Milano 29 Luglio – Pubblicare, pubblicare, pubblicare. Dopo la lista dei 94 dirigenti Rai che guadagnano più di 200 mila euro (lordi), a Viale Mazzini si trema. Perché l’operazione trasparenza non è affatto finita anzi, semmai, è appena cominciata. E questo nonostante le dichiarazioni del presidente Monica Maggioni che ieri, durante un’audizione in commissione di Vigilanza, ha provato a svicolare.
«Abbiamo messo a disposizione moltissime informazioni – ha spiegato -, anche più di quelle richieste. Se il provvedimento sulla trasparenza degli stipendi fosse stato fatto nel 2012, se oggi ci siamo stracciati le vesti, allora saremmo rimasti tutti nudi». Insomma anche Maggioni si iscrive al partito del «prima era peggio», e quando le chiedono di giustificare certi compensi, si mette sulla difensiva.
«Io sono entrata in Rai facendo un concorso – sottolinea -, poi il precario, poi il redattore ordinario, poi il corrispondente, poi il direttore e oggi sono qui. Per questo non posso vedere la Rai ridotta a questo. In Rai c’è un sacco di gente che tutti i giorni si guadagna seriamente il suo stipendio, anche tra quelle persone che percepiscono quegli stipendi alti. Se non teniamo conto di questo, rischiamo di seppellire la Rai sotto l’ondata del dibattito che si sta scatenando in queste ore».
«Non dico che sia logico e giusto che ci siano persone in Rai che guadagnano oltre un certo tetto – prosegue – ma ritengo che un’azienda che deve essere in grado di stare su un mercato che è complicatissimo, debba anche avere delle figure dirigenziali attentamente valutate, attentamente pesate, che rispondono e che vengono verificate ma che sono in grado di avere un livello retributivo che ha qualche elemento di riferimento con il mercato».
Quindi la chiosa: «Dal mio punto di vista, fare il direttore di un tg del servizio pubblico deve essere un operazione ancora più complessa che nel privato. Non mi deve bastare una persona di buon livello. Certo, non ci devono essere posizioni maturate per sempre a scapito del contribuente. Non ci deve essere l’inamovibilità delle posizioni apicali. Il privilegio c’è quando non lavori adeguatamente, non hai il merito e le competenze per fare quella cosa e sai che, comunque vada, tu telefoni a qualcuno e lì ci resti tutta la vita».
Ma il sermone (auto)assolutorio di Maggioni non convince i partiti. Che, anzi, rilanciano. «Se devo fare un bilancio sulla nuova Rai a distanza di un anno – attacca il capogruppo di Area Popolare, Maurizio Lupi -, devo dire che il risultato non è coerente con le promesse».
Ancora più duro il capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta: «La trasparenza dei compensi e degli incarichi non è rimessa al loro buon cuore ma ha solide basi giuridiche in una normativa molto ampia, inaugurata proprio dal sottoscritto nel 2009, allora ministro della Funzione Pubblica, con la cosiddetta “Operazione trasparenza”, prevista dalla legge n. 69 del 18 giugno 2009».
«Il piano per la trasparenza e la comunicazione aziendale – prosegue – è sicuramente un primo passo importante in tal senso, ma dai vertici Rai non vogliamo filosofia o voli pindarici, vogliamo l’applicazione integrale della legge, che prevede la pubblicazione di tutti i compensi, anche di quelli di natura artistica, compresi gli emolumenti corrisposti agli agenti di successo delle star Rai, da Caschetto a Presta. La concorrenza del mercato non c’entra proprio nulla, perchè nel settore e non solo, le cifre percepite sono arcinote».
Luigi Frasca (Il Tempo)
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