Milano 30 Luglio – Sono quattro mesi di prime volte. Il primo vagito, il primo abbraccio in cui ci siamo scambiati gli odori, il primo sguardo. La casa che all’improvviso profuma di bebè in ogni sua parte, il pianto che inizia a essere parola suonata. La prima volta in cui ti sei girato pancia sotto e tutte quelle in cui è diventato facile, quella in cui sono stata sveglia la notte a fissarti perché non si poteva smettere più e quella in cui nonostante gli occhietti ti si chiudessero hai resistito al sonno, per sorridermi e fissarmi. Ce ne sono un’infinità di prime volte con te e sono tutte clamorose, immense, insuperabili finché non vengono accantonate dalla prossima conquista. E questa è la mia prima lettera a te, ché gli altri tentativi son finiti in lacrime alla riga due. E te la scrivo perché provare a spiegare a te, che sei fiducia incondizionata nel prossimo e illogica bellezza, che qualcuno ti desidera morto per il solo motivo che esisti è un’impresa. Perché tra le tante cose che dovrò insegnarti c’è anche questa, c’è il terrorismo, la guerra. E l’ho capito un paio di settimane fa, quando ho realizzato che avessi due figli non li manderei nella stessa scuola, che probabilmente farei come i genitori israeliani: uno per istituto, uno per autobus, sfidando le probabilità, per non perderli tutti, per salvarne almeno uno. E tremano le mani ma s’è alzata l’asticella, anche se ci ostiniamo a dire il contrario. Sai bimbo, l’essere umano tende a scordare il dolore, perlomeno quello fisico. È un meccanismo di difesa. Ed è come se per lo stesso motivo ci fossimo dimenticati che siamo stati in guerra, che è successo una manciata di anni fa, che c’erano cose atroci come i campi di concentramento. Tu non sai cosa siano, un bambino anche più grande di te non può concepire la disumanità. Per dirsi, senza dirlo, che accade sempre agli altri. E allora si sorvola, si fa gran analisi e poco più. Dovrò insegnarti che occorre sempre individuare la via di fuga, che si viaggia solo in determinate parti dei mezzi pubblici, quelle che in caso di attacco ti danno un pizzico di speranza in più. Che il terrorismo nasce dall’odio,dall’esaltazione, da quella che credono sia fede, da una religione. Che non tutti quelli che la praticano sono terroristi, molti di loro sono vittime, ma che troppi derivano dall’islamismo perché valga il contrario.
E tu sei sogni, possibilità, sei passato e futuro. Sai di buono e speranza. E potrai essere tutto, hai l’infinito e l’amore davanti a te e vorrei finisse qui. Ma dovrai imparare a convivere con la paura e smettere di temerla. Dovrai battere il terrore e ammettere che esiste non vuol dire arrendersi. E io dovrò spiegarti che gente innocente muore e questo non so ancora come farlo. E la certezza che non potrò proteggerti mi accoltella, mi fulmina sulla sedia qui, in un luglio che mi cuoce dentro. E la certezza che l’Occidente, nonostante se stesso, vincerà mi culla facendomi tornare il respiro. Perché l’Occidente sei tu bimbo mio, con i piccini come te. E siete il bene. E il bene si fa male ma alla fine vince, se sceglie di lottare, mio piccolo combattente. Eroe dal sorriso spropositato.
Federica Dateo (L’Intraprendente)
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