Milano 6 Agosto – L’imperativo è osare. Lo chiedono a gran voce le piccole e medie imprese che, a chiusura della prima parte dell’anno, sono convinte che studi e ricerche, pur con alcuni segnali positivi, non possano mascherare una lacuna importante: mancano ancora azioni per rilanciare l’industria. Quella vera. Quella che crea occupazione e che per gli ultimi anni ha tenuto e che, con grandi sacrifici, si è reinventata per esportare all’estero ed essere sempre più creativa e “intelligente”. Se i dati sono contraddistinti da un segno “più”, i numeri sono ancora troppo vicini allo zero. Cresce la sfiducia. Pesano l’esasperazione verso gli slogan e la poca concretezza, la poca reazione delle istituzioni verso campanelli d’allarme, l’incertezza e la paura di nuove manovre restrittive quando servirebbero solo azioni di rilancio. Per esempio, in un recente sondaggio dal titolo “Brexit e poi?” le piccole e medie imprese alla domanda “Quali azioni dovranno mettere in campo il governo centrale e le istituzioni locali per creare opportunità di sviluppo sul territorio italiano per le imprese che decideranno di investire nel nostro Paese?” il 90%, quindi la quasi totalità delle aziende manifatturiere che hanno risposto, ritiene essenziale l’istituzione di zone “free tax area” e l’introduzione di una semplificazione burocratica per i nuovi investitori, a dimostrazione che se il territorio vuole essere appetibile, per l’industria, ancora tanto deve essere fatto in ambito fiscale e di rapporti con la Pa. La difficoltà di accesso al credito, il peso degli adempimenti, il macigno fiscale che grava sulle aziende, l’incertezza delle regole sono ancora i nostri talloni di Achille. I proclami non servono a nulla. Né servono solo opere faraoniche. Tra le aziende associate, in provincia di Milano, ci sono, per esempio, imprese che ancora nel 2016 utilizzano a fatica internet e, quando un imprenditore solleva la questione nelle sedi competenti, si trova di fronte al classico scaricabarile. Come è possibile pretendere che una pmi sia competitiva se non può contare su un collegamento internet veloce per inviare dei documenti? Questo è solo uno dei casi registrati dall’associazione ma abbiamo raccolto numerose segnalazioni come quella di una azienda a cui ai clienti in visita venivano rubati i pneumatici. Il nostro tessuto imprenditoriale è forte anche perché gli imprenditori sono abituati “a fare”. Quando si trovano di fronte al procrastinare, agli slogan, all’impossibilità di risolvere anche le piccole cose, la voglia di chiudere è tanta. Eppure stanno accettando un’altra sfida, quella dell’Industry 4.0. A.P.I. ha recentemente istituito un osservatorio sul tema e uno sportello ad hoc. A breve daremo il via anche ai corsi. Perché se negli scorsi anni, ad agosto ci si augurava che la ripresa giungesse a settembre, ora non è più possibile posticipare. L’essere competitivi è da sempre il filo conduttore nell’agenda dell’imprenditore. Lo sia anche per quello di tutte le istituzioni.
Paolo Galassi, presidente A.P.I. Associazione piccole e medie industrie
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