Andare in bicicletta a Milano è un atto ideologico

Milano

Milano 22 Agosto – Perdonatemi. Non sarà un articolo politicamente corretto, anzi ne sarà il suo esatto opposto. Sarà un articolo vero. Ed è ora che la verità si faccia strada. Al netto di qualche, isolato, caso in cui andare in bicicletta risponde ad una esigenza di mobilità, una parte enorme del trasporto su due ruote risponde a logiche ideologiche. Non si può nemmeno parlare di moda. È proprio un atto di sabotaggio urbano. Milano non è, e non potrà mai essere una città ciclabile. Lo impediscono la morfologia, con il sistema delle circonvallazioni interne, la struttura a cerchi concentrici, le grandi direttrici, come Corso Buenos Aires. Non aiutano nemmeno i marciapiedi immensi. Realisticamente una Milano ciclabile può esistere solo a patto di disegnare piste ciclabili sui marciapiedi, massacrando i plateatici e facendo pagare ai commercianti il sogno malsano di una città deserta.Passeggiando-in-bicicletta-per-Milano-con-Sanpellegrino-Incontri-Tour_oggetto_editoriale_850x600

L’idea è che dobbiamo pagarla. Troppo abbiamo osato. Troppo in alto hanno guardato i nostri occhi. Ci siamo scrollati di dosso catene ancestrali che ci vincolavano alla Madre Terra. Ogni epoca ha avuto i suoi terrorizzati profeti di sventura. Quelli che nelle crisi economiche, nei momenti di razionamento, nelle notte più lunghe e fredde dell’austerità ritrovano il proprio equilibrio emotivo. Soffrono e purgano la propria superbia. E quando non si arriva a questo, diventano creativi per soffrire. I no a tutto, in fondo, sono prima di qualsiasi altra cosa dei no a se stessi. No alla modernità, ed a me che l’ho sfruttata. No alla chimica, ed a me che mi sono separato dalla natura. No alla carne, ed a me che sono carne. In questo delirio autopunitivo c’è tutto il frutto avvelenato dell’albero Marxista. L’obiettivo finale del pensiero di Marx era la società senza classi, senza distinzioni e senza disuguaglianze. Questa società non è mai esistita. Ma per predicarla, oggi, senza farsi ridere dietro da chiunque bisogna giocare d’astuzia. Bisogna tornare alle origini, meglio se queste origini non sono mai esistite. La truffa riesce più compiutamente. E così si predica un ecologismo sconclusionato, che ostruisca le arterie cittadine, in nome di un disprezzo per il moderno che più ideologico non si può.

Andare in bici a Milano, semplicemente, non ha senso. Sui lunghi tragitti, perlomeno. A meno che il militante non voglia mostrare alla popolazione che è disposto a morire per la sua ideologia. A volte funziona. Tipo con Pisapia, ad esempio. Viale Tunisia è un esempio allucinante, una pista ciclabile che sembra il percorso di un ubriaco che torni a casa dopo la sbronza. Avvicinandosi ad alcuni bar, ed evitandone altri. Perchè, alla fine ecologismo e Marxismo, terminano alla stessa maniera. Arrivano ad un passo dalla vittoria e tutte le incongruenze, le assurdità ed il delirio che hanno accumulato esplode precludendogli il premio. Forse ha a che fare con la natura umana. Forse è Dio che ci protegge. Sappiamo solo che all’ultimo Km, quando le auto staranno per esser vietate ed il trasporto commerciale entrerà in crisi, qualcosa romperà la catena. Ed il ciclista impavido dovrà arrendersi.

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