Milano 17 Agosto – In una lunga lettera a Dagospia il Mughini nazionale dice una sacrosanta verità. Una verità antica, che una piccola minoranza ripete da settant’anni. Una verità che è costata la vita a Sergio Ramelli. Ma, per quanto negletta, così forte, così resistente e così profonda da sfidare i decenni, la morte di un millennio e la nascita di un altro. Così tenace da sbocciare sulle labbra di scrittori di sinistra come Pansa. Ed ora di Mughini. Una verità che, quando verrà accettata e riconosciuta, ci renderà tutti più liberi. La verità di cui parliamo è che i partigiani Italiani erano spaccati a metà. E se tutti, come riconosce anche Mughini, hanno avuto un grande coraggio, non tutti combattevano per la stessa causa. Alcuni combattevano per la libertà e la democrazia. Come i Monarchici, i liberali, il Partito d’Azione o la brigata Ebraica. Sono morti per questo. E non sempre per mano dei nazifascisti. Talvolta anche per mano di quelli che combattevano per la libertà, certo. Ma non per la democrazia. Diciamolo e diciamolo, per una volta, senza infingimenti. I partigiani rossi, la stragrande maggioranza del corpo della resistenza, va detto, non pensavano ad un futuro democratico per l’Italia. O meglio, e qui dobbiamo essere precisi, non volevano una democrazia liberale. Volevano una Repubblica Popolare. Che male c’è, penserà qualcuno. Che anche la via per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni. E ce lo racconta la storia, recentemente narrata anche da Pansa nel suo libro Bella Ciao, che riguarda la formazione partigiana Osoppo. La Osoppo, nata nel collegio vescovile di Udine nel 43, era una mosca bianca in un mare rosso. Erano cattolici, mentre gli altri erano (quasi) tutti rossi. Erano democratici, mentre tutti gli altri erano Marxisti ortodossi. Erano Italiani, mentre gli altri rispondevano a Tito. Ed hanno pagato con una strage la loro fedeltà ad una idea di democrazia molto diversa dai Garibaldini.
Nella malga di Porzus, attirati con l’inganno, i partigiani della Brigata Est della Osoppo furono fucilati quasi tutti. Si salvarono solo in due che accettarono di passare con i Gap. A fine guerra i colpevoli furono processati e condannati. Ma in galera ci stettero poco. Quei pochi che in galera ci andarono. Molti furono fatti fuggire dal PCI facendoli riparare in Cecoslovacchia e Jugoslavia. Come vedete, c’era un abisso. Essere partigiani, di per sì, non conferisce alcun titolo per dare lezioni di democrazia. Che nella maggior parte non volevano, almeno nella forma che consociamo ora. Inoltre, va detto, quella Costituzione non l’hanno scritta loro. L’hanno scritta Andreotti, De Gasperi e tanti altri statisti di statura immensa. Vi hanno contribuito, certo. Ma non è cosa loro. Ribadiamolo. Urliamolo. La Costituzione non è vostra. Non ne siete i custodi. Non potete vantare titoli di proprietà su di essa.
Detto questo voterò contro la riforma, sia chiaro. Ma non certo perché me lo dice l’Anpi. Anzi, per essere precisi, voterò No nonostante l’Anpi. Come milioni di Italiani. Che ringraziano devotamente i partigiani liberali, bianchi, monarchici e gli Alleati per averci salvati. Due volte. E la seconda volta da quei partigiani rossi che oggi vorrebbero insegnarci la democrazia.
Milano Post è edito dalla Società Editoriale Nuova Milano Post S.r.l.s , con sede in via Giambellino, 60-20147 Milano.
C.F/P.IVA 9296810964 R.E.A. MI – 2081845