Milano 13 Settembre – Non c’era bisogno di una ricerca sperimentale per misurare la sensibilità dei milanesi, ma ben venga la certificazione ufficiale. Milano, infatti, è capitale del volontariato ed ha una lunga tradizione di attenzione per chi è meno fortunato. Un’attenzione quotidiana e personale dei suoi abitanti che, comunque, va rispettata e non usata da chi amministra la città fino a ledere i diritti dei residenti. L’agenzia Agi relaziona “Milan col coeur in man”: l’antico detto sembra trovare riscontro in una ricerca condotta in sette città italiane che ha evidenziato come i milanesi siano i più sensibili di fronte allo smarrimento di un orsacchiotto da parte di un bambino. Roma si è invece rivelata la città più indifferente nell’esperimento messo a punto dalla società di etichette britannica My Nametags che ha ‘abbandonato’ per le strade, nelle scuole, sulle panchine e nei parchi delle città coinvolte 200 orsacchiotti con un’etichetta con il nome di un bambino e un numero di telefono di riferimento.
L’obiettivo era misurare il grado di empatia e generosità nelle principali città italiane. I milanesi si sono rivelati i più sensibili, con il 30% di orsacchiotti riconsegnati. Seguono Firenze e Napoli con il 27%, Otranto e Rimini con il 19% e Bologna con il 12%. Chiude Roma, dove solo il 9% delle persone si è lasciato commuovere dal teddy bear e dal bambino che doveva averlo smarrito. Fra i “buoni samaritani” prevalgono le donne, con il 68%, contro il 32% degli uomini. Tutti i ritrovamenti sono avvenuti entro 24 ore dalla scomparsa degli orsetti.
“Nel nostro inconscio l’orsetto rimanda all’infanzia e alla famiglia” spiega Giuseppe Riva, docente di Psicologia della Comunicazione presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano alla facoltà di Psicologia. “Chi è genitore sa bene che gli orsetti sono gli inseparabili compagni dei propri figli e la loro perdita genera sempre dolore e pianto. La presenza dell’etichetta personalizzata ha facilitato il processo empatico trasformando un orsetto anonimo in un bambino triste. Non è un caso che ad averlo restituito siano state più le donne, che sono più spesso a contatto con i figli e con le loro emozioni”.
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