Milano 21 Settembre – Non si conoscono le motivazioni per cui la mamma di un’alunna abbia preferito per la propria figlia la schiscetta, anziché il cibo della mensa scolastica, ma rappresenta una scelta legittima. Soprattutto ricordando i famosi piatti alternativi o le verdure con qualche verme che la cronaca ha annotato l’anno scorso. L’ultimo fatto con conseguente accesa divergenza tra Regione e Comune è di Repubblica. Di seguito l’articolo “Il caso della bambina allontana dalla mensa perché aveva portato da casa il pranzo mensa. preparato dalla mamma è arrivato sul tavolo della Regione Lombardia che ha convocato un tavolo di confronto sulla questione ‘schiscetta a scuola’, dopo il via libera del tribunale alle famiglie di Torino che ha aperto la discussione anche a Milano, dove un gruppo di genitori si sta battendo per il diritto al panino.
L’assessora regionale all’Istruzione, Valentina Aprea, ha convocato per il 4 ottobre le istituzioni e le associazioni interessate per valutare gli aspetti organizzativi e le responsabilità conseguenti all’ordinanza del tribunale di Torino che ha riconosciuto il diritto di consumare a scuola un pasto portato da casa. La sentenza del 9 settembre ha rigettato il reclamo del Miur e riconosciuto le ragioni di 58 famiglie torinesi che avevano intrapreso un’azione legale contro il ministero.
“Regione Lombardia con l’aiuto dell’Anci e delle realtà socio sanitarie e delle associazioni genitori – ha scritto Aprea in una nota – contribuirà a fare luce sull’offerta qualitativa e sui costi del servizio della mensa scolastica, ma anche ad aprire la strada con le giuste cautele a pranzi alternativi nei percorsi scolastici obbligatori”. Una linea in dissenso con quanto avvenuto ieri a Milano, dove una bimbina sarebbe stata allontanata dal refettorio della scuola elementare Pirelli di via Goffredo da Bussero nel quartiere Niguarda perché stava consumando un pasto portato da casa. La mamma della bimba si è rivolta all’avvocato che segue le famiglie torinesi e ha diffidato la scuola: “Il problema è che il Comune su questo non ci vuole sentire”, aveva lamentato.
Aprea dunque, chiama in causa Palazzo Marino: “Il vice sindaco e assessore all’Educazione del Comune di Milano Anna Scavuzzo chieda scusa alla famiglia dell’alunna. Il vice sindaco Scavuzzo dovrebbe sapere che l’ordinanza del tribunale di Torino” vale “per tutte le famiglie che dovessero decidere di non avvalersi più del servizio mensa”. Da qui la necessità di regolamentare la materia a partire dal tavolo. “Resta la gravità – ha concluso l’assessore Aprea – della discriminazione gratuita che il Comune da una parte e le ditte che erogano i pasti dall’altra, stanno operando nei confronti dei minori e delle loro famiglie scuola milanesi e lombarde”.
In realtà, nei giorni scorsi il Comune ha inviato una circolare alle scuole per spiegare che l’ordinanza ‘paninò ha valore solo per i diretti interessati, e quindi solo per i ricorrenti torinesi. “Per salvaguardare i principi di socializzazione e integrazione durante il momento del pasto, nel rispetto delle normative igienico sanitarie – avevano sottolineato dal settore Educazione – soprattutto nell’interesse di tutti gli studenti, si invitano i dirigenti scolastici e i responsabili delle unità educative a far rispettare le disposizioni del Comune relative alla fruizione del servizio di Milano ristorazione già in vostro possesso”.
E la stessa Scavuzzo, davanti alle richieste delle famiglie a favore del pranzo da casa, aveva detto chiaramente: “Se il tema è il miglioramento del servizio di refezione siamo pronti ad ascoltare, ma se ci chiedono di mettere in discussione il servizio mensa con una proposta che sostituisce il pasto a scuola con un panino o una pietanza fredda, trovo che si perda di vista il fatto che la tutela della salute dei bambini dovrebbe essere sempre messa davanti a tutto”.
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