Ma siamo sicuri che abbia vinto Hillary?

Esteri

Milano 28 Settembre – Negli Stati Uniti, la scorsa notte, si è tenuto il dibattito del secolo. Era un evento grandemente atteso e non ha deluso le aspettative. È stato carico, teso. Ha mostrato lati del carattere inattesi. Trump non ha scaricato l’artiglieria, ma Hillary ha tirato fuori il pugnale. È stato tutto ciò che ci si aspettava e molto di più. Per questo, per i media USA valutare il risultato è stato difficile. La reazione a caldo, ovvero l’aspettativa realizzata è che Hillary sembra più presidenziale. Questo già lo sapevamo. Per gli specialisti il dettaglio chiude l’episodio. È un giallo mediocre, in cui l’assassino si rivela per un misero e minuto errore che ha commesso ed ai più arguti non è sfuggito. Già, i più arguti. Quelli della pagliuzza negli occhi del prossimo. Quelli che, da superbi, possono solo disperdersi nei pensieri dei loro cuori. Loro. Loro dicono che Hillary ha vinto.

In Usa, dicevamo, non sanno come interpretare questo dibattito. In cui il fattore B., l’oscena faziosità dell’arbitro e la totale incapacità delle società di rilevazione l’hanno fatta da padrona. Qui noi avremmo dovuto fare un’analisi migliore. Cercherò di fare del mio meglio da queste colonne.

  1. Il fattore B. Che poi è una versione Latina e Mediterranea del fattore R. B sta per Berlusconi ed R. per Reagan. Contro il fattore B. non fa minimamente gioco essere Presidenziali. Carter era presidenziale. Occhetto era presidenzialissimo. Ed entrambi sono entrati nella storia. Per aver aver perso un’elezione che credevano di aver stravinto. Ci sono momenti di rottura nella storia, in cui essere perfettamente nei canoni fino a quel momento può essere letale. Hillary lo è. Se ne distacca solo il suo essere donna. Il resto è la solita paccottiglia liberal in cui ci si propone di far pagare a 2,000 persone il welfare di un centinaio di milioni di aspiranti mantenuti. In Italia è un argomento che fa presa. In Usa, no. Ed è solo un esempio. Trump in realtà colpisce sempre sotto la cintura, perché l’Americano comune si è stufato di vivere in uno stato di psicopolizia, dove ogni opinione è illecita, salvo che sia sostenuta da una minoranza collusa col potere. Esattamente come Silvio. Senza il suo charme e senza il suo successo, ma con molta più cattiveria. Questo è il mondo ereditato dall’11 Settembre, dopotutto.

  2. Il moderatore, come detto giustamente da Rudolph Giuliani, era da impiccare sulla pubblica piazza. Intanto ha evitato con perizia ogni domanda scomoda per la Clinton e le ha scaricate tutto su Trump. Poi si è messo a fare una cosa pericolosissima ed altamente stupida in diretta. Il cosiddetto fact checking. Il controllo fattuale delle affermazioni. Una porcheria positivista che pretende che in politica le affermazioni si possano dividere in vere e false. Cosa che non succede quasi mai. Esempio: stop and frisk. Fermo e perquisizione di polizia. A New York ha ridotto di molto gli omicidi. Secondo il moderatore è stato dichiarato incostituzionale. In realtà, semplicemente, un giudice federale di primo grado l’ha dichiarato tale ed il Di Blasio, sindaco Democratico, non ha ricorso in appello. Questo lo rende incostituzionale? Secondo lui sì, secondo me e migliaia di altri giuristi no. Quella sentenza non fa certo precedente. È il problema della moviola in campo. Non serve a nulla ed altera solo i risultati. Qui l’aggravante è che fosse a senso unico.

  3. Prima regola del fattore B. Se voti B. non dici di averlo fatto. Nemmeno ai sondaggisti. Qui i sondaggi sono carta straccia da venti anni. Là lo diventeranno presto.

Ovviamente poco o nulla di tutto questo è stato raccontato, per farlo la gente avrebbe dovuto davvero vedere il dibattito e leggere davvero i media Usa. Cosa che, naturalmente, i nsotri media si guardano bene dal fare.

Luca Rampazzo

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