Giovedì mattina ho visitato una delle realtà più difficili sul terreno dell’immigrazione in Italia, Como. È una città che sta sopportando, come e forse più di Ventimiglia, l’egoismo di alcune nazioni Europee di fronte all’ondata migratoria che sta travolgendo l’Italia. Fino a fine Luglio chi provava a passare riusciva nei due terzi dei casi ad andare in Nord Europa attraverso la Svizzera. Poi qualcosa si è rotto. Ad oggi ci riesce appena un terzo. Prima si faceva entrare chiunque avesse un titolo astrattamente valido. Ora ci si limita ai soli profughi. Il problema si è posto quando i Paesi a Nord della Svizzera, in particolare la Germania, hanno arbitrariamente chiuso le frontiere. Il blocco ha imposto a Berna di restringere gli accessi, per evitare di avere un problema che non può affrontare.
Questo ha portato a conseguenze da esodo Biblico, ovviamente rapportato alla grandezza della città. Come è stato raccontato questo evento è, però, il vero problema. Le due versioni, sono persone in fuga dalla guerra che vogliono costruirsi una vita e vengono qui per farsi mantenere, sono ugualmente sbagliate, almeno in questa terra di Como. Chi si ferma fuori dalla Stazione, in maggioranza, fugge in effetti da una guerra. Ci sono Siriani ed abitanti del Corno d’Africa, ad esempio che hanno diritto nel vedersi riconoscere lo status di rifugiato. Non vogliono farsi mantenere e non vogliono nemmeno restare qui in Italia. Vogliono solo riunirsi con le proprie famiglie a Nord in Germania, Svezia, Danimarca, Francia o Olanda ma non gli viene consentito per gli egoismi di questa Europa che va cambiata.
Il problema di comunicazione, infatti, non è solo verso l’opinione pubblica. Anche i profughi sono male informati. Hanno paura di farsi identificare, perché temono di restare bloccati qui. Hanno paura della legge e non conoscono il sistema di protezione internazionale. Loro hanno un desiderio molto elementare: andare dai propri parenti. Ma ignorano del tutto come. A questo problema è stato chiamato a rispondere il Prefetto Corda, che ha immediatamente deciso di concentrarsi tutte le energie solo sul fronte più importante: la legalità. Per questo si è appoggiato all’Università dell’Insumbria, per poter comunicare più efficacemente con i profughi e gestire le singole criticità. Inoltre, ha chiesto che a gestire l’intera parte del volontariato fosse il Comune, evitando di creare confusione di ruoli e responsabilità. Questo sta garantendo ciò di cui la realtà Comasca ha bisogno: velocità nel riconoscimento dello status di rifugiato e netta separazione con i clandestini.
Selezionati quelli che hanno diritto alla protezione internazionale, i confini si riapriranno ed il flusso riprenderà. Per chi ne ha diritto. Per chi non ne ha si dovrà aprire un altro capitolo, che, però, non è certo di competenza del Prefetto Conca. Purtroppo. Altrimenti anche quel capitolo si risolverebbe al meglio in tempi più rapidi.
È’ un problema nazionale di politica estera e di accordi con il nord Africa e i nostri partner europei. È’ una precisa responsabilità di governo che Renzi non può addossare ad altri e dalla quale sta fuggendo.
Stefano Maullu, Europarlamentare-Forza Italia
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