Milano 3 Ottobre – Problema: alcune comunità, nominalmente Sudamericane, creano disagi con feste a base di alcool (e probabilmente non solo) e musica ad alto volume. Risposta di un paese serio: arrestare chi delinque, sequestrare le casse e colpire con multe chi infrange il codice. Tanto sono facili da beccare, non hanno gran posti dove fuggire ed al terzo sequestro si chiude la balera. Risposta della Rozza: apriamogli delle aree dedicate nei parchi più grandi, lontani da tutti e speriamo che la cosa funzioni. Questa proposta è ridicola. Per alcune ragioni:
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E’ del tutto razzista. Crea degli inutili ghetti. Inutili concettualmente per due motivi: a. chi ci sta dentro infrange le regole, ed allora gli stai dando un’area di immunità assurda. Perché dovrebbero avere un lascia passare per fare quello che vogliono? 2. Se, invece, non stanno infrangendo le regole, perché isolarli? Su che basi?
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È abbastanza inutile. Le feste in sé sono metà del problema, l’altra metà sono gli strascichi. Chi vive fuori dal parco Lambro sa, per esempio, che spenta la musica, c’è una triste processione di ubriachi che svolgono funzioni corporali ovunque. Questo non lo risolvi rinchiudendoli in un recinto, che assomiglia tristemente ad un’area cani. Lo risolvi con la prevenzione, l’educazione e la repressione. Ci vogliono tutte e tre, però.
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Ha alla base un grosso equivoco. Chi l’ha detto che per la repressione deve intervenire solamente la polizia municipale? Questa sindrome da Superman che coglie i sindaci con poteri di pubblica sicurezza la pagano degli agenti che hanno tutti i doveri, ma nessuna prerogativa. Ci vuole un piano con TUTTE le forze dell’ordine, dalla Polizia di Stato alla Guardia di Finanza se si vuole risolvere il problema.
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Un problema di cui nessuno parla è che questi party sono particolarmente spinosi perché le bande Sudamericane, come gli episodi di cronaca dello scorso anno ci hanno insegnato, sono particolarmente violente. Per questo, concedergli dei territori, delle bolle di “sicurezza” è suicida. Se passa l’idea che quelli sono territori “loro”, gli si fa solo un favore, perché, in certo qual modo, li si legittima. E noi non vogliamo legittimarli, vero?
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Inoltre il degrado tende a colare oltre i muri ed a contaminare le zone vicine, contagiandole per prossimità. Un esempio classico sono i centri sociali occupati. Non si può pensare che chiuso il muro dentro un rete questo si fermi. I cancelli ne sono un esempio. Sempre al parco Lambro basta suonare ad una delle associazioni con una storia abbastanza strappalacrime e si passa come se non ci fosse barriera alcuna.
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Non ci dimentichiamo che a rispettare le regole sono gli onesti, di solito. Che finirebbero in gabbia. O nell’area Sudamericani. Indicati, additati e derisi. Mentre gli altri continuerebbero a farsi i fatti propri. Fuori dalla gabbia. Dimostrando, semmai ce ne fosse ancora bisogno, a quelli dentro che in Italia seguire le regole è un atteggiamento poco furbo.
In sostanza l’unica arma è la repressione. Se non possiamo usarla, smettiamola di preoccuparci. Non esistono altre soluzioni. Almeno altre soluzioni che non siano ridicole.
Luca Rampazzo
Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato due anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione,