Milano 8 Ottobre – La disputa Governo-Parlamento sulla Nota di aggiornamento del Def si intreccia con un complesso di novità normative e obblighi europei. Se l’Ufficio parlamentare di Bilancio ha il compito di validare il quadro macroeconomico proposto dal Governo (ora la riserva si concentra sulla stima di crescita del 2017), le commissioni di merito rivendicano il diritto/dovere a ottenere maggiori elementi sulla composizione della manovra, prima di votare le risoluzioni sul Def.
La riforma del Bilancio varata in luglio dispone in proposito che la Nota di aggiornamento indichi i principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo. Al tempo stesso è richiesta una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra in termini di entrata e di spesa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. In mancanza di tali elementi – ha fatto sapere il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia – non è possibile esprimersi sulla Nota. Da qui la nuova audizione del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan fissata per martedì.
Nel primo anno di applicazione, emergono in sostanza diversità di interpretazione dei contenuti stessi della riforma, e il livello della polemica politica su questo passaggio della marcia di avvicinamento alla prossima legge di Bilancio non aiuta certo a chiarire i termini della questione. La linea del Governo – sintetizzata dal vice ministro dell’Economia, Enrico Morando – è sostanzialmente questa: nessuna obiezione a fornire informazioni aggiuntive sul contenuto della manovra, ma il Governo non rivedrà le sue stime. In poche parole, ferma restando una previsione di crescita “tendenziale” (in assenza di manovra) dello 0,6%, il livello programmatico (che sconta gli effetti attesi dalla manovra) resta per il 2017 all’1 per cento. Pur nella necessaria e doverosa dialettica tra Governo e Parlamento su un punto nodale della strategia di politica economica consegnata ai diversi documenti programmatici, e poi alla manovra, vale la pena di sottolineare come la responsabilità primaria, prima di tutto politica, del quadro programmatico proposto e della conseguente manovra di finanza pubblica, ricada in pieno nella sfera di azione del Governo. Al Parlamento il compito di vigilare ed emendare, in uno spirito di leale collaborazione tra organi dello Stato. Anche perché su tutto questo complesso guazzabuglio di norme e procedure vigila la Commissione europea, che guarda soprattutto al rispetto della disciplina di bilancio, nella sua struttura portante e così come si è andata modificando negli ultimi due anni.
Pare doveroso che il Governo chiarisca fin d’ora gli «ambiti di intervento» in virtù dei quali ritiene di poter “spingere” la crescita del 2017 all’1 per cento. Poi dovrà trasferire quell’intendimento programmatico in misure e interventi da sottoporre al vaglio del Parlamento e di Bruxelles. E trarne le relative conseguenze qualora quegli indirizzi e il contenuto della manovra non vengano condivisi.
Dino Pesole (Il Sole 24 Ore)
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