Milano 19 Ottobre – «La decisione di Emilio Pucci di trasferire i dipendenti della sede fiorentina negli uffici di Milano è stata presa per riunire tutte le funzioni non produttive in un’unica sede. L’obiettivo è creare una maggiore efficienza e una migliore sinergia operativa».
La dichiarazione
Così la dichiarazione ufficiale, oltre la quale però c’è una riflessione che suona molto amara per la città. «Portiamo Emilio Pucci nella culla della moda. Con tutto il rispetto per Firenze, la capitale della creatività e del lusso in Italia oggi è Milano», osserva una fonte vicina al colosso francese Lvmh che nel 2000 ha rilevato la maggioranza del capitale della storica maison fiorentina, celebre per i foulard. «Sicuramente lo spirito che anima i proprietari non è vendere né chiudere Emilio Pucci. Anzi, al contrario, c’è la volontà di rafforzare il brand, farlo diventare uno dei marchi di punta imprimendo un nuovo corso». Nuovo corso che, però, passa da Milano perché «lì è il fulcro della creatività ed è lì che si trovano le sollecitazioni che a Firenze mancano». Amen.
$6 lavoratori chiamati a scegliere
Sollecitazioni creative, certo, ma anche pratiche, come l’efficienza di una città che funziona. «La carenza di servizi e infrastrutture che ormai caratterizza Firenze certamente non ha aiutato i proprietari a scegliere di rimanere qui, dove la maison è nata» osservano in via de’ Pucci. E così con l’anno nuovo 46 lavoratori dovranno scegliere se trasferirsi a Milano o cambiare lavoro: i francesi di Lvmh (che controlla 70 marchi del lusso nel mondo, ha 125 mila dipendenti e ha chiuso il 2015 con 35,7 miliardi di ricavi) non hanno intenzione di licenziare e hanno proposto a tutti il trasferimento nella capitale lombarda, ma è evidente che ai dipendenti toscani si creerà un problema non da poco. Da Firenze spariranno le attività amministrative, commerciali, di marketing e legali, l’ufficio acquisti e l’ufficio stile: le attività di Emilio Pucci si concentreranno su due poli, uno produttivo a Bologna e uno creativo e commerciale a Milano. Qui non resterà neppure la sede legale. E pare dunque di capire che la ragione della rottura del legame tra la città di Firenze e uno dei suoi marchi storici vada ricercata nella mancanza di efficienza e di stimoli della città che evidentemente non riesce a rispondere alle esigenze di uno dei leader mondiali della moda e del lusso.
Un legame storico
Il legame che si è rotto era di quelli particolarmente significativi perché a Firenze, alla sua storia e ai suoi simboli Pucci era legato più di altre maison: tra le 20 mila stampe conservate nell’archivio di Emilio Pucci, ad esempio, ce n’è una che si chiama «Battistero». Venne riprodotta nel 1957 dal marchese Emilio Pucci proprio per dimostrare che i monumenti di Firenze, la bellezza della città hanno sempre rivestito un’importanza fondamentale nelle sue ispirazioni artistiche. Quella stampa è stata riutilizzata nel 2014 dalla maison, guidata da Laudomia Pucci, per un’installazione artistica che ha avvolto il Battistero con il duplice obiettivo di omaggiare il monumento e raccogliere fondi per il suo restauro. L’amore per Firenze e i suoi simboli però non è bastato a mantenere qui le attività dell’azienda. Le multinazionali del lusso si sfidano anche a colpi di efficienza e competitività
Silvia Ognibene (Corriere)
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