Milano 24 Ottobre – Mentre le grandi città europee da sempre all’avanguardia nella lotta ideologica all’automobile privata (e altrui) iniziano a interrogarsi sul fatto (ovvio per chiunque tranne che per gli intellettualoidi progressisti) che, nonostante balzelli, limitazioni e vessazioni nei confronti del mezzo di trasporto privato, il traffico diventi sempre più soffocante e, soprattutto, lento (addirittura a Londra c’è chi inizia a individuare il “colpevole” nell’eccesso di ciclabili laddove restringano le carreggiate), a Milano l’amministrazione emanazione della sinistra più retriva, classista e radical chic tira dritta per la sua assurda e improduttiva strada e, dopo aver di fatto messo al bando dal centro veicoli diesel tutt’altro che anziani e perfino le vetture a gas (incentivate da altre amministrazioni locali, per un ente inquinano, per un altro no e il cittadino è suddito di questa assurda schizofrenia), passa all’attacco dei pullman turistici, delle aree di sosta e, in generale, di chiunque non sia un benestante residente del centro.
Dopo aver affermato di voler (dirigisticamente) trasformare Milano in una città turistica (cosa che è già, semmai a contrastarne questa vocazione è la tassa di soggiorno introdotta proprio dalla sinistra) vagheggiando a proposito dell’ennesimo referendum sulla riapertura dei navigli della fossa interna (notoriamente, ad attrarre uno straniero non sono la Pinacoteca di Brera, la Pietà Rondanini, San Maurizio al Monastero Maggior, il Cenacolo…), i bolscevichi che amministrano la città hanno dichiarato, per ridurre la congestione e l’inquinamento che essi stessi hanno contribuito ad aggravare con le loro cervellotiche scelte, di voler far pagare un odioso balzello tra i cento e i duecento (!) euro ai pullman che entreranno nel centro della città.
Così, le comitive turistiche che giungono con tale mezzo di trasporto dovranno diligentemente fermarsi in periferia (a proposito, qualcuno si è preoccupato di valutare se vi siano sufficienti parcheggi per pullman al di fuori dal centro?) e raggiungere il centro con i mezzi pubblici o una meravigliosa bicicletta condivisa, tutto molto pratico specie se il pullman viene lasciato in quei quartieri all’uscita delle autostrade, come il Gallaratese, in cui, nonostante le chiacchiere di Maran prima e Granelli poi, di stazioni del bike sharing non se ne sono ancora viste.
Per carità, non si tratta di pretese impossibili da soddisfare, ma così le tipiche gite turistiche di gruppi, per esempio, di anziani, quindi persone spesso non particolarmente aitanti o con qualche difficoltà deambulatoria, saranno le prime ad esser penalizzate. E, in ogni caso, in genere, per incentivare qualcosa, si dovrebbero far ponti d’oro anziché imporre limitazioni, a meno di pensare che ci siano turisti stranieri che snobbano Milano perché è una città trafficata (se così fosse, nessuno visiterebbe Londra e Parigi) e con qualche pericoloso e malvagio pullman che circola per il centro.
Ma la guerra ai pullman non è la sola nuova angheria che l’ex braccio destro della Moratti passato alla sinistra radicale vuole introdurre in materia di viabilità: infatti, un’altra delle tragiche novità con cui i milanesi dovranno fare i conti sarà l’ennesima drastica riduzione delle linee blu in centro perché, parole dell’assessore Granelli, i cittadini dovranno “usare gli autosilo”.
Principio giustissimo, se non fosse che l’amministrazione Albertini aveva programmato la realizzazione, in tutta Milano, centro compreso, di centocinquanta nuovi parcheggi sotterranei per residenti comprensivi, in molti casi, di stalli a rotazione, ed era stata proprio la sinistra, organizzando l’opposizione tramite la sua presenza e le sue ramificazioni sul territorio (comitati “spontanei”, associazioni territoriali, ecc.), a boicottare in ogni modo la realizzazione degli stessi, con il solito corollario di accuse relative a “speculazione”, “cementificazione”, “corruzione”, “consumo del territorio” e tutte quelle altre tipiche dell’armamentario ideologico finalizzato a squalificare moralmente e demonizzare l’avversario, il quale non può mai essere in buona fede, secondo un vecchio insegnamento che, durante la trasferta moscovita di quasi un secolo fa, dovette amaramente apprendere anche Silone.
Adesso, contrordine compagni, tutti in autosilo, nonostante questi non siano stati realizzati e i pochi esistenti, quindi, secondo la più elementare legge del mercato che chiunque, tranne coloro che amministrano Milano, conosce, hanno tariffe proibitive che li rendono accessibili soltanto a chi è molto benestante (proprio chi, probabilmente, potrebbe con minor difficoltà rispetto ad altri, organizzarsi per non usare l’auto in centro).
Inoltre, la giunta Sala sembra orientata, anche se qui la schizofrenia raggiunge vette inesplorate visto che si susseguono da settimane dichiarazioni contrastanti sul punto, a far “attivare” (o “ricaricare”, la fantasia di questi comunisti nell’indorare pillole amarissime è sconfinata) Area C anche a moto e motorini, che fino ad ora avevano potuto entrare liberamente.
In pratica, la riprova che quanto Maran, di fronte agli impietosi dati sull’inquinamento che dimostravano l’assoluta inutilità di Area C, ha raccontato ossessivamente per anni, e cioè che il biglietto d’ingresso in centro non costituiva un provvedimento di carattere ecologico, ma contro la congestione, era (non che ci fosse da dubitarne) solo aria fritta, visto che, adesso, Granelli e Sala stanno cercando di affermare l’esatto contrario. Che poi è comunque ancora aria fritta.
Tutto queste novità relative alla mobilità cittadina sarebbero già di loro tragiche, ma per comprendere la reale portata e gli obiettivi di questi provvedimenti bisogna tener conto di altri due fattori: la stessa amministrazione, sembra per ovviare all’inevitabile (ma prevedibilissimo) caos creato dai cantieri della M4, dichiara di voler prendere in considerazione l’ipotesi di riaprire piazza Castello (il che sarebbe cosa buona è giusta), ma soltanto per il transito dei residenti (il che non è cosa buona e giusta) e coinvolgendo nell’ennesima modifica (a riprova che Maran, quando la volle pedonalizzare a tutti i costi, non sapeva né che farsene né, tanto meno, come gestirla) perfino la viabilità del congestionatissimo (dopo la chiusura di Piazza Castello) Foro Bonaparte.
In secondo luogo, proprio in questi giorni sta iniziando il servizio in città un altro operatore di car sharing, il più costoso e lussuoso di tutti, che propone, per la modica cifra di oltre trenta centesimi al minuto, vetture tutt’altro che compatte (minimo quattro metri), addirittura anche cabriolet (si sa che l’auto decapottabile è in cima alle esigenze e alle emergenze di chi lavora e cui viene impedito di usare la propria auto privata), ed equipaggiate con propulsori molto più potenti e prestazionali rispetto a quelli della media delle utilitarie, spesso vecchiotte e usurate, che i milanesi residenti all’esterno del centro possono permettersi, ma non possono usare in città, salvo esser vessati, puniti e additati al pubblico ludibrio come inquinatori seriali animati da egoismo e compulsioni antisociali, oltre che da turbe psichiche e fobie varie.
Questi due ultimi fatti, uniti agli inasprimenti dell’Area C, danno l’esatta misura dell’intenzione della Giunta Sala, che poi era la stessa di quella Pisapia (anche perché è cambiato il sindaco, ma gli assessori più ideologicamente fanatici sono sempre lì): le amministrazioni di sinistra milanesi stanno superando sé stesse in ideologia e pianificazione dirigistica, in un tragico e costante climax ascendente che le conduce dalla tragica ingegneria sociale sessantottarda applicata fino ad ora alla nuova e ancor più drammatica frontiera dell’eugenetica socio economica.
Sala, Granelli, Majorino, Maran e soci stanno scientificamente e dirigisticamente espellendo dal centro tutti i cittadini, residenti, lavoratori, turisti o esercenti che non siano giovani, sani, aitanti, benestanti e dediti prevalentemente all’aperitivo (mentre tutti gli altri sono ancora lì che si ammazzano di lavoro…) in cui discettare e sdottorare, rigorosamente senza sporcarsi le mani e con un pizzico di teatrale e compiaciuta indignazione, della povertà di quel mondo con il quale, però, rifiutano categoricamente di contaminarsi e che, pertanto, non deve assolutamente superare il confine stabilito con Area C.
Lo stesso identico atteggiamento degli intellettualoidi (o, ci si permetta, sedicenti tali, alcuni guitti di intellettuale hanno ben poco…) dalla Gauche Caviar nazionale che, usando le solite argomentazioni basate su razzismo, xenofobia, intolleranza (per la sinistra l’avversario è sempre fobico…), impongono l’accoglienza forzata e indiscriminata di migliaia di “migranti”, ma reagiscono in modo isterico e scomposto se, per sbaglio, il Governo vuole mandare una cinquantina di “clandestini” (migranti per gli altri, improvvisamente clandestini se minacciano l’esclusiva tranquillità delle elites) nel loro luogo eletto di villeggiatura (Capalbio).
La Milano di Pisapia prima e di Sala ora è la città in cui, quindi, il centro, oltre il quale possono proliferare degrado, emarginazione e povertà ed è giusto così perché chi non appartiene al mondo progressista è automaticamente un reazionario oppositore che contrasta l’avanzata del progresso sociale, è proprietà privata di chi possa permettersi di condividere le ubbie e le utopie dell’amministrazione, delle associazioni ad essa legate e dei suoi grandi e borghesi elettori, insomma della destra bene e comunista (con i soldi degli altri); è la Milano in cui l’auto di chi, anziché inseguire fantasie eque, solidali ed ecologiche da imporre agli altri con la forza e modi sprezzanti, deve arrabattarsi a lavorare per sopravvivere, pur essendo spesso una piccola utilitaria, è malvagia, pericolosa (va limitata a 30 Km/h), ingombrante, inquinante e concettualmente retriva e superata. Mentre auto noleggiate ai cittadini a cifre esorbitanti (oltre il triplo del costo chilometrico di un’utilitaria di proprietà che, però, rende infinitamente più servizi al suo possessore), lussuose, lunghe dai quattro ai quasi quattro metri e mezzo, con propulsori potenti (e dai consumi non propriamente da auto ibrida…) e prestazionali (chi blatera, a vanvera, di sicurezza, come concilia le alte prestazioni delle vetture del nuovo operatore car sharing e la tariffa a tempo che porta il conducente a correre parecchio per risparmiare, con la sicurezza stessa?), siccome pagano fior di quattrini al Comune e sono “condivise”, quindi “collettive”, in una parola “sovietiche”, allora sono magicamente salutari e non creano alcun problema. Anzi, sono quasi meglio delle pur osannatissime biciclette.
Quindi il Comune vessa in tutti modi i cittadini che lavorano, sottraendo diritti e possibilità, per poi rivender loro, a carissimo prezzo, servizi limitati e alla portata soltanto di chi è realmente agiato, eliminando ogni possibilità di scelta: chi può permetterso deve esser cliente, chi non può permetterso emigiri alla svelta, Milano non è (più) per lui perché così ha deciso il politburo.
Questa Milano è una città classista ed elitaria, in cui chi è estraneo, anche solo per esigenza (non tutti hanno la fortuna di nascere benestanti e con protezioni familiari e sociali), al perseguimento attivo di ideologie superate e distruttive, non ha diritto di cittadinanza.
E anche se tutto questo viene ammantato con espressioni suadenti e ammalianti come “città a misura d’uomo”, “verde”, “ecologia”, “aria pulita”, in realtà, nella più classica eterogenesi dei fini (quantomeno per chi insegua certe ubbie in buona fede) tipicamente prodotta dell’approccio ideologico, il risultato è uno solo: una tragica vergogna. Infatti, se non scandalizza, perché spesso è un processo “naturale”, che il mercato, di suo, tenda a far diventare più esclusivo il centro della città fino ad allontanare parzialmente residenti e attività meno ricche (che però non sono proditoriamente vessate e spesso, essendo il processo naturale, hanno tempi e modi di riorganizzarsi), deve invece scandalizzare (e molto) che a indurre o incentivare un processo del genere siano le scelte dell’amministrazione, basate o sulle conseguenze involontarie del perseguimento di irrealizzabili fantasie ideologiche oppure, peggio ancora, sul classismo elitario tipico delle oligarchie progressiste che, pur sproloquiando quotidianamente di partecipazione e inclusione, riservano la gestione “collettiva” a chi la deve subire senza possibilità di scelta, nella convinzione di possedere verità assolute e insindacabili tali per cui anche la realtà deve esser piegata. Esattamente come i cittadini, considerati quali petulanti sudditi, incapaci di comprendere la radiosa realtà del collettivismo.
Milanese di nascita (nel 1979) e praticante la milanesità, avvocato in orario di ufficio, appassionato di storia, Milano (e tutto quel che la riguarda), politica, pipe, birra artigianale e Inter in ogni momento della giornata.
Mi improvviso scribacchino su Milano Post perché mi consente di dar sfogo alla passione per Milano e a quella per la politica insieme.