Sala ci prende in giro sui disabili in metro

Milano

Milano 24 Ottobre – Ieri abbiamo pubblicato una lettera in cui una ragazza disabile, Anita Pallara, denunciava di essere stata abbandonata, trattata male e di aver dovuto passare un’ora in metropolitana per fare sette fermate. È una denuncia grave, che viene da una ragazza responsabile. Coraggiosa. Che lavora a Milano stando a Bari e nonostante la malattia viaggia su e giù per la penisola. Lo dico con onestà, io non ci riuscirei. Quindi non posso che ammirarla. Questo mi fa pensare che se accusa qualcuno, non sia per attirare l’attenzione o per sete di pietismo. Ma per ben fondati motivi. Uno di questi è difendere chi non ha la sua forza. Quindi, se mai un giorno mi trovassi in una situazione simile alla sua, per difendere anche me. A tutto questo Sala decide di rispondere. Ed è meritorio. Molto meno meritorio è il silenzio di ATM, come vedremo. Il problema, a mio avviso gravissimo, è cosa ha detto. Riporto il virgolettato come scritto da Repubblica:

“Possiamo fare corsi di formazione, certo, ma purtroppo c’è sempre chi non capisce che mettersi a servizio degli altri fa parte del suo lavoro. Per questo, anche con Atm, dobbiamo far conoscere meglio ai cittadini le strutture, numeri di telefono e canali social, alle quali segnalare i problemi e i disservizi”

Mi perdoni, signor Sindaco, il problema è vagamente più grave. A me non interessa quale sia la pagina ufficiale di ATM a cui far presente che gli impiegati di Crescenzago (testimonianza oculare) si girano dall’altra parte quando qualcuno salta i tornelli. Voglio che qualcuno sia chiamato a rispondere. A rispondere non significa punito, attenzione. Voglio essere chiaro sul tema, io del racconto di Anita Pallara mi fido ciecamente. Ma credo che i lavoratori abbiano il diritto di difendersi. In ogni caso, dal Sindaco mi aspettavo una richiesta ben precisa ai vertici di Atm: chiarite cosa sia successo quel pomeriggio. Avrei voluto sapere chi fosse dove, a fare cose. La versione del dipendente che ha interagito con Anita. E poi, una volta chiarito tutto o le scuse di ATM o la difesa del lavoratore. Non delle inutili ciance su corsi di rieducazione. Non siamo in un Lao Gai, non dobbiamo rieducare i dipendenti. Dobbiamo solo accertare i fatti, valutare la condanna ed irrogare, eventualmente, le sanzioni. Se del caso.

Altrimenti si tratta con condiscendenza una ragazza il cui coraggio, forza e determinazione non meritano un insulto del genere. Le si dica se aveva ragione o torto. E se aveva ragione, che qualcuno paghi. Nelle aziende che funzionano, quelle private, la cosa va così. Ah, per la cronaca, di solito quelle aziende in primis si scusano. Sia che abbia ragione il lavoratore sia che abbia ragione il cliente. Perché, di fondo, il cliente ha sempre ragione, salvo casi eccezionali. ATM, come tutte le aziende pubbliche può non commentare, dimostrando massimo disinteresse. Almeno Sala ha avuto il coraggio del palco. E gli va riconosciuto. Se avesse detto la cosa giusta sarebbe stato quasi all’altezza del suo ruolo. Ovviamente ha preferito il cerchiobottismo. Magie del politicamente corretto, dopotutto.

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