Milano 2 Novembre – Se profughi sono anche coloro che fuggono da cataclismi naturali, allora pienamente profughi sono gli sfollati del Centro Italia, che hanno dovuto abbandonare tutto, case, beni, effetti e affetti personali in seguito alle scosse di terremoto. E sono i profughi a noi più cari e vicini, quelli di cui condividiamo non solo la nazionalità ma anche la sorte, sentendoci tutti fragili, esposti a un Paese che trema, alle bizze di una Natura matrigna. Parliamo di un esercito di 100mila persone, somma di anime sparse in decine e decine di piccoli borghi, una cifra vicina a quella dei profughi nordafricani e mediorientali che ogni anno sbarcano sulle nostre coste.
Ma è a loro, ai nostri profughi, che bisogna dare più che mai la priorità. Una priorità innanzitutto cronologica, mettendo loro a disposizione da subito centri di accoglienza, strutture al coperto, dove possano esorcizzare insieme il freddo, la paura e la solitudine. Abbiamo un’emergenza in casa, adesso, e non possiamo più aprire le nostre case agli altri: ci preme accudire e accogliere il nostro prossimo prima di chi è lontano… In quest’ottica bisognerebbe ragionare anche nel senso di una priorità di spesa: nelle richieste di flessibilità alla Ue, occorrerebbe chiedere più soldi per aiutare gli sfollati, prima di domandare ulteriori deroghe per accogliere i migranti. Anzi, bisognerebbe cogliere la palla al balzo di questa emergenza per ribadire ancora più forte che l’Italia non può più fronteggiare da sola il fenomeno immigrazione. È giusto che i profughi nordafricani e mediorientali vengano redistribuiti altrove o che si strutturi un piano europeo per rimpatriarli o non farli partire… Già eravamo al collasso in tempi normali, figuriamoci nel post-terremoto.
Ma l’intervento del governo dovrebbe essere tarato anche in un’altra direzione. Cioè nel favorire la pronta ricostruzione dei borghi del Centro Italia e il ritorno degli sfollati in tempi ragionevoli, per evitare che quei paesi vengano abbandonati per sempre dagli abitanti o magari ripopolati artificialmente con l’arrivo di migranti. È quanto in alcuni paesi d’Italia è già avvenuto: per via della denatalità o del fuggi fuggi dei giovani, i paesi si sono svuotati e invecchiati e ridotti a borghi-fantasma, da cui l’idea di trasferirvi in massa profughi arrivati da chissà dove. Ma così si perde il legame della gente col suo territorio, si tradisce l’anima profonda dei luoghi; tanto più in centri come Norcia dove, a livello storico e simbolico, è maturata e si è sviluppata una certa idea d’Occidente.
Fa male vedere il centro d’Italia, il cuore di questa Italia fragile, svuotarsi e perdere identità, come già avevano provato a fare a Ussita, in tempi non sospetti, prima del terremoto. Allo spopolamento si aggiunge un ripopolamento coatto e inautentico e infine una sostituzione dei popoli. Gli italiani, per cause economiche o cataclismi naturali, fuggono dai paesi e dal loro Paese e al loro posto nasce una civiltà multiculti che non ha nulla a che vedere con millenni di storia passata.
Non lasciamo che alla distruzione di alcuni borghi faccia seguito la fine della nostra civiltà. Non aggiungiamo ai danni della Natura quelli di una Politica ancor più scellerata.
Gianluca Veneziani (L’Intraprendente)
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