Milano 7 Novembre – Che sui giornaloni nostrani ci fosse un clima strisciante di sottomissione culturale era cosa ormai risaputa, basti guardare le recenti posizioni sulle questioni integrazione degli immigrati, burqa e burkini e la fiducia incondizionata alle tesi del cosiddetto “islam moderato”. Ma che questa sottomissione si traducesse anche nell’invito a una rivoluzione giuridica in Occidente e all’adozione di norme compatibili con la cultura e la religione islamica ha un che di inquietante.
In un paio di giorni Corriere della Sera e Repubblica hanno calato giù una doppietta, con interventi tutti proni verso l’islamismo à la page (in direzione della Mecca, va da sé) e pieni di un senso di autofustigazione, di condanna dell’Europa e dell’Italia in particolare, incapaci di comprendere e promuovere i diritti della comunità musulmana.
Ha cominciato ieri Luigi Ippolito in un corsivo agghiacciante sul Corsera in cui si chiedeva se non fosse il caso di considerare “i tribunali islamici” come un “male minore” e quindi di accettare, anche in Europa, “un sistema parallelo ispirato ai principi della sharia”, che eviterebbe la contrapposizione frontale col mondo musulmano e trasformerebbe “quello che può sembrare un veicolo di oppressione” in uno “strumento per avviare un percorso di emancipazione” (sic!). In sostanza, non solo dobbiamo accettare i tribunali della sharia, ammettendo una giurisprudenza parallela e incompatibile con la nostra, ma dobbiamo anche considerarli mezzi di emancipazione, con buona pace della discriminazione verso la donna, delle fortissime limitazioni dei diritti civili e religiosi e dell’intromissione della religione nella sfera pubblica sanciti dalla stessa sharia. Siamo al delirio.
Da par suo oggi anche l’illustre costituzionalista Michele Ainis su Repubblica propone di restituire finalmente pari dignità giuridica alla comunità musulmana, finora – a suo dire – discriminata e vittima di apartheid. La religione musulmana, sostiene Ainis, è l’unica a non avere ancora siglato con lo Stato italiano un’intesa che le consenta di godere del pieno diritto di libertà di culto, di beneficiare dell’8 per mille, di fare assistenza spirituale nelle carceri tramite propri ministri del culto ecc… Per cui è finalmente tempo di rimediare con una legge ad hoc. Peccato che Ainis non si capaciti dei motivi per cui ciò non è ancora avvenuto: il primo – che lui cita, ma solo en passant come ragione non sufficiente – è che la comunità islamica sunnita non dispone di una struttura gerarchica e dunque di rappresentanti istituzionali con cui il nostro Stato possa siglare un accordo: dispersa com’è in mille associazioni autonome e priva di una struttura verticistica, fatica a essere rappresentata da un’autorità che parli a nome di tutti. In seconda battuta, c’è un’altra ragione, molto più sostanziale, e cioè il fatto che la comunità musulmana, a differenza di tutte le altre confessioni religiose in Italia, per lo più non riconosce il principio di laicità dello Stato, su cui solo si può fondare un dialogo e un accordo con lo Stato stesso. Se il criterio guida è che le leggi sancite dalla sharia e il dettato del Corano siano superiori alle leggi italiane, e che perciò ci si debba conformare alle prime e non necessariamente alle seconde, viene meno la base di qualsiasi intesa. Bisogna riconoscere l’autorità dell’altra parte, per poter sedersi a un tavolo. Viceversa, si resta due mondi non comunicanti. Senza parlare di quelle frange estremiste che, oltre a disconoscere il principio di laicità a vantaggio di un ideale teocratico, negano la validità stessa dello Stato e anzi lo odiano in quanto simbolo di una civiltà occidentale da combattere e debellare. Lo Stato laico, simbolo della modernità occidentale corrotta, infedele e blasfema…
Ma niente, i giornaloni non vogliono sentirci da quest’orecchio e, a fronte delle minacce incombenti che provengono proprio dal mondo islamico (strano che “sui musulmani aleggia un sentimento di paura, o quantomeno di sospetto, specie dopo l’attentato alle Twin Towers”, vero Ainis?), chiedono più sharia e più diritti per i poveri musulmani discriminati, addirittura suggerendo di creare un confronto con l’Assemblea costituente islamica proposta da Hamza Piccardo, quello che, per intendersi, chiedeva di legalizzare in Italia anche la poligamia, dopo l’istituzione delle unioni civili…
La cosa buffa e al contempo drammatica è che, del percorso di Sottomissione, risulteremo essere non più le Vittime, ma ancora più vigliaccamente i Complici. Con la stampa a fare da stampellaall’Invasione coranica.
Gianluca Veneziani (L’Intraprendente)
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