Ma quanto sarebbe bello se pagassimo di più la benzina?

Attualità

Milano 7 Novembre – Il presidente dell’Eni Descalzi, a margine di una iniziativa ecologista a Londra (La Oil and Gas Climate Initiative), in cui le compagnie petrolifere spenderanno un miliardo di dollari per fermare i cambiamenti climatici, ha dichiarato che è tempo di intervenire sul prezzo petrolifero. Che, a suo modesto avviso, sarebbe troppo basso. E questo, ovviamente, a tutto vantaggio dei consumatori, che egli, evidentemente, ritiene preoccupatissimi di dover pagare troppo la benzina. Non è da escludersi, infatti, che il presidente dell’Eni immagini lunghe file di automobilisti depressi alle pompe di benzina, mentre supplicano arcigni benzinai di accettare un rialzo del costo di un 10/20%. Oppure, resosi conto che Arabia Saudita ed Iran, i due principali protagonisti della corsa al ribasso del petrolio, non possono più sostenere Isis ed Hetzobollah come prima, magari vorrebbe rivedere un po’ più di movimento in Medioriente. Sia mai che la regione si quieti. O, ancora, forse teme che la Russia di Putin smetta di far girare portaerei militari nel Mediterraneo, vista che è possibile che questo appaghi la sua parte innocente e fanciullesca. O anche, ma tenderemmo ad escludere una così bizzarra ipotesi, sta chiedendo che i cittadini siano entusiasti quando lui guadagna e si disperino quando lui perde.

La grande verità, dopo sei sedute di ribasso che hanno riportato il Wti vicino a quota 40 dollari (a fine seduta di venerdì era a 43,1), è che la guerra petrolifera al ribasso tra Arabia Saudita ed Iran è solo metà del problema. L’altra metà è stato un improvviso e del tutto imprevisto aumento di produzione degli Stati Uniti dovuto ad un balzo tecnologico nella raffinazione delle sabbie bituminose. Questo ha portato a ridefinire la quantità di petrolio esistente nel mondo. Se domani il petrolio dovesse salire, questa tecnologia farebbe affacciare più operatori sul mercato, contribuendo a farlo comunque scendere. Descalzi, come i fossili che sono alla base della formazione del petrolio, vive in un mondo che va scomparendo. Un mondo in cui un pugno di nazioni decideva quanto il mercato dovesse pagare e su cui si poteva fare pressioni. Questo mondo, il mondo di Mattei, delle Sette Sorelle, delle crisi petrolifere, sta tramontando. Eni deve accettare di essere in acque ignote e, forse, godere della rinnovata libertà. Per quanto ancora incerta.

Luca Rampazzo

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