Milano 20 Novembre – L’ultima angheria in tema di mobilità perpetrata dal politburo meneghino è talmente scontata, banale e deprimente che, se i milanesi ormai non fossero così storditi da effluvi incontrollati di chiacchiere ideologiche da essere assuefatti alle continue vessazioni subite, accettate con rassegnazione come ineluttabile destino, non ci sarebbe neppure bisogno di parlarne.
Molto semplicemente, la giunta Sala ha riesumato il vecchio apparecchio elettronico idoneo a sanzionare la sosta selvaggia “a strascico”, quindi senza che l’autovettura (si installa sul parabrezza) dei vigili debba fermarsi, utile per colpire alcune situazioni particolarmente odiose quali l’occupazione dei passi carrai, delle strisce pedonali, nonché la doppia fila.
A parte la curiosa circostanza per cui, anche se ogni esigenza di mobilità si può e deve tranquillamente soddisfare solo ed esclusivamente in bicicletta, la polizia municipale si avvale ancora di strumenti obsoleti come le terribili automobili, il problema non è, ovviamente, quello di sanzionare la sosta selvaggia.
Chiunque non sia un troglodita, infatti, capisce, senza bisogno di abbeverarsi da saggi utopistico sessantottardi sul radioso futuro sociale che la bicicletta saprebbe garantire, che la sosta in doppia fila, su passi carrai e strisce pedonali è pericolosa per pedoni, ciclisti, automobilisti e mezzi pubblici, oltre ad essere una forma di palese ed evidente maleducazione, menefreghismo e totale mancanza di senso civico. Quindi giusto che sia repressa.
Il problema è un altro: le amministrazioni comunali rosse, che per altro stanno riempiendo la città di auto “collettive” dai costi a dir poco proibitivi (l’ultimo gestore entrato in servizio propone vetture belle, lussuose e potenti, ma anche tariffe elevate e incompatibili con quello che nella sostanza diventa parte del pubblico servizio,), negli anni hanno eliminato del tutto gratuitamente migliaia di stalli di parcheggio per le auto, ridotto in modo sconsiderato le dimensioni delle carreggiate e chiuso strade a casaccio creando non certo “aree di socializzazione”, ma semmai ricettacoli di degrado e sporcizia: se si pedonalizzano strade in mezzo al nulla, poi non arrivano le mammine a fare i pic nic con i bimbi, ma gli spacciatori.
Inoltre, Granelli, insieme a svariati deliri sul nuovo stile di vita improntato alla “lentezza” e imposto mediante vessazioni alla mobilità, e qui c’è tutta la sintesi di anni di amministrazioni comuniste ed autoreferenziali che han perso ogni contatto con la realtà per specchiarsi in sé stesse curandosi bene di rimanere chiuse in borghesissime torri d’avorio, ha recentemente dichiarato che dal centro città verranno rimossi altri mille stalli di parcheggio.
Ora, è evidente a chiunque, tranne a chi governa secondo preconcetti astratti e senza mai aprire neppure una banale finestra per sbirciare fuori dal suo mondo dorato e dare un’occhiata a come sia fatto quello reale, che dall’oggi al domani si può anche, mentre si ciarla pomposamente di “mobilità dolce” e “lentezza”, bloccare completamente la viabilità, ma non altrettanto facilmente si possono adattare non tanto gli stili di vita, quanto, piuttosto, le esigenze concrete di chi deve lavorare, di chi è invalido, di chi ha problemi di vario genere.
Se Maran, Granelli e soci provassero a pensare come amministratori, anziché come emuli del fantozziano Folagra (oltre che del Visconte Cobram…), capirebbero che qualsiasi professionista, commerciante o imprenditore il quale, anche solo una volta a settimana, debba usare l’auto in città, non rinuncerà a farlo (non può!) neppure di fronte agli ostacoli crudelmente posti in essere dal Comune di Milano: semplicemente, girerà a vuoto nella disperata ricerca di un parcheggio per ore, lungo tortuosi percorsi imposti da scelte urbanistiche cervellotiche il cui criterio guida non è certo l’efficienza, con lo scontato (per chiunque non sia accecato dall’ideologia) esito di spendere più soldi in benzina, perdere più tempo (e quindi lavoro), uscirne più stressato e contribuire ad ingorgare del tutto inutilmente il traffico. In una parola, subirà l’ennesima tassa sul suo lavoro e finirà per lasciare la propria auto in divieto di sosta. La multa sarà un’ulteriore, ce ne fosse mai bisogno, tassa sul lavoro.
Il contesto economico attuale è tale per cui chi oggi lavora, quindi non chi amministra Milano, sa che, per restare a galla, si dovrà in tutti i modi arrabattare nel tentativo di lavorare di più, pur con la consapevolezza del fatto che guadagnerà di meno: e in questo contesto già grave di crisi, l’amministrazione, anziché agevolare i cittadini e cercare di semplificare loro la vita, li opprime nel tentativo di educarli con saccente pedanteria mettendo loro, è proprio il caso di dirlo, i bastoni tra le ruote (a meno che siano quelle delle biciclette) e snervandoli con stucchevoli e astruse ramanzine.
L’aver riesumato il sistema elettronico per dar multe a strascico, che per altro era stato accantonato ai tempi dell’amministrazione Moratti per i problemi di compatibilità con il codice della strada che si erano palesati, non solo, quindi, è l’ennesima vessazione inutile che gli automobilisti dovranno subire e che andrà ad incidere prima di tutto sui costi del loro lavoro, ma è anche un modo squallido di raggranellar quattrini da parte del Comune, il quale strumentalizza qualcosa di positivo (la lotta alla sosta selvaggia) per beceri fini economici e rieducativi da gulag sovietico.
Infatti, è assolutamente vergognoso che sia l’amministrazione stessa a indurre condotte illecite e, soprattutto, socialmente dannose come la sosta in doppia fila (che, da forma di maleducazione, diventa àncora di salvezza) al solo scopo di far cassa e, contemporaneamente, con dozzinali considerazioni sociologiche simili a tristi barzellette da avanspettacolo indegne perfino dei più infimi teatri della peggior suburra, qualificare l’automobilista come soggetto turbato, animato da compulsioni antisociali ed esponente di una classe sociale da abbattere, in modo da poterne giustificare la messa al bando. Perché certi provvedimenti punitivi non vanno a danneggiare il benestante che usa l’auto per capriccio, non deve lottare per tirare a campare e può permettersi costosi autosilo oppure di adattare il suo stile di vita e lavoro (ammesso che lavori) in modo da fare a meno dell’auto, ma chi, invece, del mezzo di trasporto privato necessita per tenere a galla un’attività commerciale o professionale già ampiamente provata dal momento storico negativo.
Milanese di nascita (nel 1979) e praticante la milanesità, avvocato in orario di ufficio, appassionato di storia, Milano (e tutto quel che la riguarda), politica, pipe, birra artigianale e Inter in ogni momento della giornata.
Mi improvviso scribacchino su Milano Post perché mi consente di dar sfogo alla passione per Milano e a quella per la politica insieme.