Cadono anche i pupazzi rossi sotto i colpi del degrado

Milano

Milano 22 Novembre – Vi confesso la mia ignoranza. Io non so chi sia Pao. Mi dicono che sia un artista di strada. Mi fido. Dicono la sua sia arte. Mi fido. Quello che ho capito di lui, dalle sue parole, è che si tratta di una persona saggia. Gli hanno distrutto delle opere esposte in strada e lui, lungi dal lanciarsi in lunghi ed appassionati peana si è mantenuto, sobriamente, sulla linea della delusione. Mi fidavo di voi ed avete tradito la mia fiducia. Onore al merito. Detto questo, in piazza Mercanti è successo qualcosa di un po’ più grave di quello che i giornali dicono e che Pao stesso dichiara. Vedete, nella narrazione della Sinistra, non quella di Sala di Falce e Mitra, ma quella Arancione, quello che si è verificato due notti fa non sarebbe mai dovuto avvenire. È un abominio. Per Pisapia e compagni il degrado, il male ed il crimine si combatteva con i cartonati di Pao. Quelle sagome di poliuretano espanso erano, di fondo, l’ultima frontiera della civiltà. Dovevano reggere, dovevano proteggere piazza mercanti. Dovevano portare l’arte al popolo, allietare la vista, alleggerire il dolore esistenziale. Il popolo, parte di esso almeno, ha risposto con mazze e bastoni, spaccando ad altezza caviglie le opere d’arte. A dimostrazione che no, il degrado non si combatte con i cartonati, non si combatte con l’arte, non si combatte col buonismo. Come il terrorismo non si combatte con i gessetti colorati e le note di Imagine. Come la povertà e la disperazione di una generazione di bianchi che tutti scommettono essere l’ultima non si gestisce con le idee della Clinton. La sinistra continua a fallire, compulsivamente, perché non capisce la realtà. E quando trionfa, lo fa perché, continuando ad ignorare la verità, racconta balle così sublimi che anche il saggio si fa ingannare.

Obama come Pisapia ha vinto raccontando favole. Obama ha lasciato un’eredità mortale fatta di debito pubblico e caccia alle streghe verso chiunque non la pensi come il politicamente corretto impone. Pisapia ha lasciato Pao ed i suoi monconi di statue mentre le gang si accoltellano in strada. Ad Obama ha risposto il realismo spietato e cinico di Trump. A Pisapia l’ipocrisia di Sala, che se ne è proclamato erede ideale prima di schierare nuovamente l’esercito in periferia, per contrastare quelle che per gli Arancioni erano importanti risorse. Non è un caso. È la storia. Viene quasi da pensare che gli elettori di Sala, in fondo, se lo augurassero. Vivevano in un Lao Gai dove erano costretti a sorridere di fronte a scene di costante distruzione della città perché, avessero mai provato a protestare, gli psico compagni della psico polizia sarebbero prontamente intervenuti. Per rieducarti. E rimettere in piedi i pupazzi di Pao.

Pisapia ha capito l’antifona, ha salutato la curva e se ne è andato. Sala ha raccontato la solita e sinistra montagna di balle ed ha vinto. Oggi governa col pugno di ferro. Dopotutto è un manager pragmatico. E di Pao non sa cosa farsene. Contro il degrado, alla fine, più che il poliuretano espanso ci vogliono i mitra.

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