Milano 16 Dicembre – Le donne hanno un peso sul cuore, come e più degli uomini. Ma a differenza dell’altra metà del cielo lo sottovalutano, in un mondo – quello della medicina cardiovascolare – che finora è stato costruito più a ‘misura d’uomo’. Eppure in Italia l’infarto e le malattie cardiovascolari sono la causa di mortalità più comune nella donna: rappresentano circa il 43% di tutti i decessi, contro il 35% degli uomini. Killer in rosa da 123 mila vittimel’anno, non problemi ‘da uomini’, come ritiene il 68% delle donne secondo uno studio ormai datato (condotto nel 2000).
C’è un gap alimentato a più livelli: una popolazione poco sensibilizzata sull’altra faccia dei problemi di cuore, scarsa attenzione medica ai fattori di rischio prettamente femminili, ricerca ancora troppo tarata sul sesso forte e con ‘quote rosa’ troppo poco rappresentate, se si pensa che le donne sono solo il 24% dei partecipanti a tutti gli studi sulle malattie cardiovascolari. Tre binari a cui l’Irccs cardiologico Monzino di Milano vuole imprimere una svolta. E lo farà con un centro declinato al femminile: il Monzino Women, presentato oggi e operativo dalla seconda metà di gennaio, che si inserisce nel solco tracciato per esempio dagli Women’s Heart Center americani.
Obiettivo ridurre il peso della malattia sul cuore delle donne. Avviando non solo un centro clinico, ma un “progetto culturale”, assicurano dall’Istituto. L’avamposto sarà l’ambulatorio, che nasce con una particolarità: si rivolge “a donne che non hanno sintomi di malattia cardiovascolare – precisa la responsabile di Monzino Women, Daniela Trabattoni – donne giovani dai 35-40 anni in su e, indipendentemente dall’età, con un profilo di rischio più alto: familiarità, stili di vita scorretti (fumo, alcol), obesità, diabete o ipertensione in gravidanza, per esempio”. A questo si aggiungerà l’attività su nuove linee di ricerca dedicate alla donna, anche sul fronte delle terapie. E poi l’impegno per creare una nuova cultura delle prevenzione in rosa, con una campagna di comunicazione ed educazione alla salute che ha già una testimonial che ha celebrato il cuore delle donne in musica: la cantante, manager discografica e talent scout Caterina Caselli. (Nella foto in alto, da sinistra, la responsabile di Monzino Women Daniela Trabattoni, il direttore Comunicazione Ieo-Monzino Barbara Cossetto, la cantante e produttrice discografica Caterina Caselli e il direttore scientifico del Monzino Elena Tremoli)
“Controllo il mio cuore al Monzino da anni, ma ho iniziato per caso accompagnando mio marito, come capita a molte donne – racconta Caselli – Allora un cardiologo mi disse ‘E tu?’. Ho scoperto così la fragilità del cuore femminile, l’esistenza di un rischio speciale. Da quando faccio prevenzione mi sento più protetta. Io che sono abituata a cantare ‘Insieme a te non ci sto più’ con il mio cuore voglio starci a lungo, in armonia con i suoi battiti. La nascita di un centro dedicato è una bella notizia e vorrei essere il primo anello di una catena di solidarietà femminile. Diciamolo alle figlie, nipoti, madri, amiche e colleghe: pensate al vostro cuore, prendetevene cura, fate prevenzione“.
L’idea del Monzino è aggiungere un ‘capitolo rosa’ a una storia finora molto al maschile – nella definizione dei fattori di rischio, negli studi clinici e nella sperimentazione di farmaci – e “trasferita alla donna come se fosse identica all’uomo”, fa notare Elena Tremoli, direttore scientifico Monzino. “Per esempio, la maggior parte dei farmaci usati per le malattie cardiovascolari sono stati studiati prevalentemente nell’uomo anche per le dosi impiegate. Le donne devono acquisire coscienza del loro rischio cardiologico individuale che può essere anche superiore a quello degli uomini, come nel caso delle fumatrici che hanno un rischio fino a 5 volte superiore rispetto ai maschi fumatori di sviluppare danni alle arterie, con un rischio aumentato di infarto miocardico”.
“La stessa coscienza – continua – deve essere estesa al mondo sanitario”. Al centro si accede con una richiesta di visita cardiologica del medico di famiglia e ci sarà un numero di telefono dedicato. Le pazienti che saranno indirizzate all’ambulatorio iniziano un percorso di esami e test, che permetterà di inquadrarle e indicare loro un iter che va dalle semplici indicazioni comportamentali a eventuali terapie o approfondimenti con altri specialisti.
Lo sguardo alla paziente sarà multidisciplinare, spiega Trabattoni. Oltre a cardiologo clinico, ipertensivologo, aritmologo ed emodinamista, “interagiranno con noi ginecologo, diabetologo, lipidologo, nutrizionista e psicologo”. Fondamentale sarà la ricerca di base e clinica “che verrà condotta parallelamente sulle donne con rischio cardiovascolare aumentato, in modo da poterle confrontare con donne già cardiopatiche e individuare elementi predittivi di sviluppo futuro di patologia coronarica”.
Fra i progetti pronti a partire, un filone è “la valutazione della placca e dell’aggregazione piastrinica – elenca la specialista – un altro riguarderà le pazienti con sindrome coronarica acuta a coronarie normali o con Tako-Tsubo“, la sindrome ‘spacca cuore’, “alle quali verranno fatti test per capire come prevederne l’insorgenza, evidenziando eventuali differenze con la sindrome coronarica acuta aterosclerotica”. Attenzione sarà prestata anche al fattore psicologico, in un’epoca in cui le donne sono sempre più esposte a stress: “In collaborazione con le psicologhe dell’università di Milano tracceremo il profilo delle pazienti sia in condizioni di normalità che durante ricoveri per emergenza di patologia coronarica, per cercare di individuare tratti predisponenti, sapendo che è già stata evidenziata una correlazione con la depressione per esempio”.
Per sensibilizzare le donne saranno promossi eventi centrati sull’educazione alla salute e sulla prevenzione dei fattori di rischio “in particolare prettamente femminili, correlati a patologie ginecologiche pregresse come l’ovaio policistico, gravidanze pretermine, pre-eclampsia, patologie neoplastiche già trattate, come tumore al seno seguito da cicli di radioterapia che predispongono a distanza di 10-15 anni a calcificazioni di parete coronarica, e ancora patologie del sistema immunitario. Ci saranno poi incontri con medici di base per potenziare l’attenzione nei confronti delle donne a rischio”, conclude Trabattoni. (Adnkronos)
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