Milano 24 Dicembre – La morte di Anis Amri, il terrorista della strage ai mercatini di Natale a Berlino ucciso alle porte di Milano durante un controllo di polizia, apre una serie di domande a cui ora gli investigatori dovranno tentare di dare una risposta. Tra il momento dell’attacco e la sua ricomparsa su un treno per l’Italia, infatti, c’è un buco di quattro giorni. Qualcuno l’ha aiutato a fuggire? Perché il tunisino ha scelto di venire a Milano?
Le risposte forse nel telefonino – Un elemento chiave per le indagini è il cellulare che l’uomo aveva con sé quando è stato fermato e che ora è nelle mani dell’Antiterrorismo. Il telefono era dotato di una sim olandese che non sarebbe stata abilitata alle chiamate internazionali: Amri non poteva fare né ricevere telefonate, ma dalla memoria del dispositivo potrebbero emergere elementi importanti per chiarire alcuni dei misteri.
I contatti in Italia e il passato al Sud – La fuga del tunisino è finita fuori dalla stazione di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Non è però chiaro, cosa ci facesse l’uomo in quel posto. Amri potrebbe aver avuto contatti nella zona, ma non è escluso che volesse recarsi al Sud. Quando è stato fermato dalla polizia, infatti, ha detto di essere calabrese e in Sud Italia il tunisino aveva vissuto davvero per anni. Ad avvalorare l’ipotesi di una fuga verso la Calabria c’è anche un altro elemento: proprio da Sesto partono alcuni bus che portano verso Reggio Calabria.
I contanti nascosti nei pantaloni – L’attentatore indossava tre paia di pantaloni, uno sull’altro. Nascosti nelle tasche, mille e cinque euro in contanti; come se, durante la sua fuga, per evitare di lasciare tracce, avesse esaurito i prelievi possibili al bancomat per poi disfarsi di tutte le carte di credito e tornare invisibile. In contanti paga il biglietto del treno dalla Francia a Milano, anche se poi decide di scendere a Torino. Qui, ancora in contanti, compra un altro biglietto per un treno regionale che lo porterà alla stazione Centrale del capoluogo lombardo.
L’ipotesi della vendetta dopo gli anni in carcere in Italia – Tra le ipotesi che nessuno ha ancora escluso c’è anche quella che da Sesto San Giovanni Amri volesse preparare un’altra strage, questa volta nel nostro Paese. Nel video rilasciato dall’Isis dopo la sua morte, l’uomo minaccia tutta l’Europa: “Vi sgozzeremo come maiali”, dice. Non si può ignorare, quindi, la possibilità di un secondo piano per entrare in azione forse proprio a Milano. Uno scenario che potrebbe anche essere letto come una sorta di vendetta dopo gli anni passati da Amri in carcere nel nostro Paese.
Amri arrivato in treno dalla Francia – Secondo fonti dell’antiterrorismo, Amri sarebbe arrivato in Italia in treno (forse prendendone più d’uno) attraverso la Francia, da Chambery. Passando per la Savoia, l’uomo è arrivato intorno alle 20.30 alla stazione di Torino Porta Nuova ed è ripartito per Milano dopo quasi tre ore a bordo di un treno regionale. Al vaglio degli investigatori della Digos del capoluogo piemontese ci sono ora le immagini delle telecamere di sicurezza della stazione subalpina, anche se sembra che sotto la Mole l’uomo ci sia stato soltanto di passaggio. Giunto a Milano intorno al’una di notte, dalla Stazione Centrale si è spostato a Sesto San Giovanni e lì intorno alle 3 ha incrociato i due agenti della volante che poi lo hanno ucciso.
I due protagonisti dell’operazione – Nella sparatoria è rimasto ferito l’agente scelto Christian Movio, 36 anni, originario di Udine. Il poliziotto è stato operato all’ospedale San Gerardo di Monza per l’estrazione del proiettile conficcato in una spalla. Le sue condizioni sono buone. Con lui era in servizio un agente in prova, Luca Scatà, che ha sparato al killer uccidendolo.
Luca Scatà, lʼagente in prova che ha fermato il killer di Berlino
Le impronte corrispondono – A confermare ufficialmente che l’uomo ucciso è il killer di Berlino è stato il ministro Minniti. Ma in precedenza anche i rilievi fatti dall’antiterrorismo milanese avevano indicato l’identità dell’ucciso: è infatti subito emersa la coincidenza sia dai tratti somatici sia dalla comparazione delle impronte.
Nel Tir trovato lo smartphone di Amri – Intanto, dopo il portafoglio, nel Tir della strage è stato ritrovato anche lo smartphone di Amri, un modello della Htc. Lo scrive Spiegel citando fonti della sicurezza. “L’analisi dello smartphone è in corso”, aggiunge il settimanale, che sottolinea come il ritrovamento dello cellulare e del portafoglio con il documento che ha indirizzato gli inquirenti sulla giusta pista sia avvenuto in ritardo, il giorno dopo l’attentato. Abbiamo lavorato secondo il principio “accuratezza prima della velocità”, ha detto il capo della polizia di Berlino, “ci sono standard ai quali ci atteniamo”.
Non era Amri la persona nel video davanti alla moschea di Berlino – Mentre non era Anis Amri la persona ritratta davanti a una moschea di berlino in un video di sorveglianza mostrato dalla tv pubblica Rbb. Lo ha detto il presidente della polizia criminale della capitale tedesca Christian Steiof. Gli agenti che hanno per alcuni periodi monitorato Amri assicurano che “la persona nelle foto non è lui”, ha detto Steiof. (Tgcom24)
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