Milano 28 Dicembre – Ogni domenica l’Angels in Harlem Gospel Choir ha un appuntamento con i newyorkesi e con i turisti al «BB King Blues Club» di Harlem per il brunch. Negli scorsi mesi il repertorio ha incluso grandi successi di Prince come «Purple Rain» perché voleva celebrare la memoria di un genio della musica nera contemporanea. È la miglior prova dell’idea iniziale di Allen Bailey quando fondò l’Harlem Gospel durante una cena al Cotton Club in onore di Martin Luther King: un repertorio afroamericano aperto a qualsiasi influenza e collaborazione con un’idea di gospel in continua evoluzione. E anche una fucina di talenti a cui viene data la possibilità di un provino in tutte le chiese di New York.
Da Harlem a Milano, nel periodo natalizio si è creata una consuetudine con il Blue Note per cinque o sei giorni di concerti che culminano nel concerto di San Silvestro. Anna Bailey (moglie del fondatore Allen Bailey) oggi manager del coro, prima di parlare del loro repertorio rende omaggio alle formazioni che hanno ispirato l’Angels in Harlem Gospel Choir: «Quando cantiamo una delle nostre fonti d’ispirazione sono i Caravans ma anche grandi cantanti Rhythm & Blues del passato che diventarono artisti cantando nelle chiese, come Sam Cooke e Curtis Mayfield». E poi c’è l’aspetto sociale del coro: «L’essere stereotipato come canti delle feste è quanto di più lontano ci sia dallo spirito del gospel, basta partecipare a una funzione in una chiesa per rendersi conto del coinvolgimento: dalla musica passa l’anima e soprattutto un forte senso di comunità».
In passato il gospel è andato ben oltre i canti afro-americani; Elvis Presley ebbe a dire: «La musica è molto migliorata negli ultimi anni. Conoscete i Beatles e i Byrds. Ma il rock ‘n’ roll, fondamentalmente, si basa sul gospel e il rhythm and blues». Oggi il fondatore del Choir, Allen Bailey segue sempre da vicino il suo gruppo, nato 31 anni fa, ma per problemi di salute ha fatto un passo indietro. Ma il Choir segue fedelmente i suoi dettami: in scaletta ci sono classici come «Souled Out» ed «Every Praise» di Hezekiah Walker’s, che scaldano il palco. L’HGC si muove anche nel mondo del pop con collaborazione svariate, da quella famosissima con gli U2 a quelle con Diana Ross, The Gorillaz, Keith Richards e in molte occasioni davanti ad autorità internazionali: si sono esibiti per Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, due presidenti americani (Carter e Reagan) e davanti al presidente del primo Sudafrica post apartheid Nelson Mandela.
La scaletta (con riferimenti al commercio plurisecolare degli schiavi) rilegge classici da «Amazing Grance» a «Oh Happy Day» e un medley per Stevie Wonder con «Isn’t She Lovely», «Happy Birthday», «Celebration», a chiudere l’omaggio alla comunità artistica afroamericana.
Fabrizio Guglielmini (Corriere)
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