Milano 3 Gennaio – Un’architettura-landmark aperta al quartiere, dove gli uffici si mescolano ad un generoso spazio pubblico, dando vita ad un luogo attrattivo, pensato per contrastare la monotonia e l’assenza di qualità urbana di una comune periferia. Guarda anche alla scala urbana per riqualificare un brano di città che non ha alcuna identità, l’edificio direzionale nell’area Stephenson a Milano, concepito da Laboratorio Permanente. Il giovane studio milanese si aggiudica il concorso di idee bandito lo scorso giugno da Liuni (azienda specializzata in finiture di interni) per conto della società di investimento in ambito immobiliare, Alinvest. Obiettivo della competizione: raccogliere idee per nuova architettura direzionale a basso impatto ambientale, che andasse a sostituire un immobile di proprietà della Alinvest, al civico 86 di via Stephenson. La proposta dello studio milanese, fondato nel 2008 dagli architetti Nicola Russi (classe 1976) e Angelica Sylos Labini (classe 1978), è stata scelta dalla giuria presieduta dall’architetto Mario Cucinella e dall’ex presidente del Consiglio nazionale degli Architetti, Leopoldo Freyrie.
Il luogo è la periferia Nord di Milano; il lembo di città è quello stretto da una cerchia di grandi infrastrutture stradali e ferroviarie, tra l’area Expo e il nuovo quartiere di Cascina Merlata. Per Laboratorio Permanente, operare in un ex quartiere industriale, in un’area priva di carattere, diventa un’occasione per riconsiderare il rapporto tra architettura e città. Così, i progettisti tentano di creare un edificio-landmark che possa trasmettere una nuova identità allo spazio anonimo e frammentato circostante, cercando allo stesso tempo di generare «un nuovo e vibrante angolo di città». «In un contesto caratterizzato dalla sporadica presenza di edifici verticali – spiegano i progettisti – la scelta di un volume orizzontale concede all’architettura una maggiore visibilità, rendendo l’edificio riconoscibile e attribuendogli un forte carattere identitario».
In una zona carente di spazi pubblici, l’edificio-stecca si apre al quartiere con una piazza alberata. Da questa, in corrispondenza della parte meno nascosta del nuovo volume, lo spazio pubblico penetra all’interno dell’architettura, dove al piano terra viene ospitata una sala polifunzionale per eventi, mostre e convegni. Partendo dal piano terra, lo spazio pubblico attraversa, poi, i piani superiori, dove prende forma una caffetteria organizzata su più livelli. Il volume, che all’esterno appare come un semplice parallelepipedo, interamente vetrato, all’interno si scompone in pieni e vuoti. Qui il volume viene “scavato” e per sottrazione si crea un gioco di terrazze interne, ossia spazi a doppia altezza con affaccio sulle aree sottostanti. Si tratta di ambienti per riunioni informali, di aree lounge e per il relax, adatti anche ad ospitare eventi o installazioni, ed in collegamento con i restanti spazi di lavoro più formali e tradizionali, ma anche molto flessibili.
Con il suo progetto, Laboratorio Permanente si aggiudica un premio di 30mila euro. Cinquemila euro vanno allo studio milanese Andrea Maffei Architects, che con la sua proposta ha puntato su una complessa articolazione di pieni e vuoti, in modo da creare generosi spazi pubblici e un edificio attrattivo per il quartiere. Un premio della stessa consistenza va al team composto dagli studi Officina Otto e Matteo Romanelli, entrambi di Terni, che hanno preso come riferimento i volumi compatti con copertura a shed presenti nel contesto, salvo poi stravolgerli con tagli trasparenti e permeabili.
Due le menzioni senza premio, attribuite all’équipe formata dagli studi romani Enrico Realacci Architectures ed OCRA architetti associati e ad EXiT architetti associati di Treviso (Paolo Panetto, Francesco Loschi, Giuseppe Pagano, Federica Bordin. Collaboratori Federico Durigon, Alvise Moretti).
Mariagrazia Barletta (Il Sole 24 Ore)
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